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mercoledì 22 aprile 2015
Frida Kahlo, il dolore e la passione
Frida Kahlo (1907/1954) è un'artista messicana molto nota al grande pubblico soprattutto perché la sua vita è stata immortalata in un film e sono state fatte delle mostre delle sue opere molto pubblicizzate.
La sua storia, davvero tragica, ha colpito la fantasia di tanti. E non poteva essere diversamente. Tutti sanno del terribile incidente che subì a diciott'anni e che condizionò tutta la sua vita portandola anche ad una morte precoce. L'incidente cambiò davvero la sua vita. Voleva fare il medico invece fu lei per sempre nelle mani dei medici con 32 operazioni sùbite a causa di quell'incidente: lo scontro dell'autobus sul quale era con il ragazzo che amava. I danni che Frida subì furono davvero allucinanti, la inchiodarono per mesi al letto, le fratture che subì furono molteplici: tre alla colonna vertebrale, al femore, all'osso pelvico solo per dirne qualcuna. Non poté mai avere figli anche se ebbe una gravidanza, che non poté portare a termine e, da quello che dipinse in vari quadri, sappiamo che questo fu un ulteriore dolore. Inoltre pare avesse la colonna vertebrale bifida, che le comportò altri gravi problemi, scambiati in gioventù dai suoi per polio.
Della sua vita è anche famoso il letto a baldacchino che le procurarono i genitori con uno specchio in alto: nei lunghi mesi in cui fu costretta a letto aveva cominciato a disegnare così quello specchio in cui si rifletteva la sua immagine fu la sua fonte di ispirazione: cominciò a dipingere se stessa.
Quando finalmente si alzò aveva un busto per reggere la colonna vertebrale e soffriva molto, sarebbe stato sempre così, visse accompagnata dal dolore tutta la vita, ad un certo punto le misero persino un sostegno di ferro alla colonna. Rendersi conto del dolore fisico che Frida ha sùbito non è facile. Ma era una donna forte, giovane e la voglia di vivere la sostenne.
Abbandonati gli studi per fare il medico continuò invece a dipingere e ad essere coinvolta nella politica: era ormai una convinta comunista. Oltre che dipingere aveva molto letto a questo proposito.
Aveva bisogno di guadagnare e decise di far vedere i propri quadri al più importante pittore del momento: Diego Rivera, che restò colpito dai lavori di quella ragazza, l'accolse e la lanciò nel mondo artistico del tempo ed anche nella politica essendo anche lui un fervente comunista.
Frida si innamorò di Rivera e si sposarono nel 1929. La Kahlo e Rivera si lasciarono e ripresero per tutta la vita, addirittura sposandosi due volte. Si tradirono reciprocamente tutta la vita. Cosa abbia affascinato Frida resta per me un mistero. Rivera era molto più grande, brutto, quasi repellente e infedele, anche come artista, invero, Rivera non era, secondo me, un genio della pittura, anche se celebre. L'arte di Rivera, molto apprezzata al tempo anche fuori del suo paese, personalmente non mi ha colpito più di tanto. Certamente il suo linguaggio non è molto originale né unico.
Quello di Frida invece è personalissimo ed emozionante, anche se a volte molto crudo. Unico forse come unica fu Frida anche come donna. Guardare il suo aspetto fisico lascia perplessi: le donne tendono ad abbellirsi, lei oltre a non separare i sopraccigli, che sul suo viso diventano una barra nera sugli occhi, non depilava neppure i baffi che risaltano molto anche perché era molto scura di pelle e capelli. Pare piacessero al marito. Se i primi possono assumere una caratteristica quasi accettabile, quella peluria nera sul labbro era terribile (almeno secondo me), eppure il fascino di Frida andava oltre ogni cosa, era personale e attraeva uomini e donne.
I critici d'arte volevano etichettare la sua opera come surrealista, lei non fu mai d'accordo, anche se per un periodo accettò questa etichetta, ma poi scrisse che non ci si sentiva e non lo era.
La Kahlo raccontò con le immagini il suo dramma, la sua vita dolorosa, il suo corpo straziato e la sua mente presa totalmente da Rivera e dalla sua ossessione d'amore. Racconta i suoi pensieri, il suo mondo colorato e caldo nel quale, però, regna egualmente il dolore. Colori caldi e accesi, derivanti dalla cultura Sud Americana, impregnano la sua opera.
Frida raccontò in un modo unico, inimitabile. Mi fa pensare a Chagal (vedi articolo) che nelle sue opere anche lui, nella sua lunga vita, dipinse quasi sempre il suo mondo perduto, i suoi ricordi. Forse erano due egocentrici perché si sentivano al centro di ogni cosa, uno coi suoi ricordi, l'altra col suo dolore ed il suo amore infelice. Due egocentrici certamente, come quasi tutti gli artisti. Ma ci hanno lasciato opere che sono tra le più interessanti ed inconfondibili dell'arte del '900.
Rivera comprese il suo valore e Frida ebbe successo. Ma davvero la salute è la ricchezza più grande e lei non la ebbe. Morì a 47 anni.
Rivera si risposò (era il suo 4° matrimonio, anzi 5° se contiamo che con Frida si sposò 2 volte). Maresa Sottile
mercoledì 15 aprile 2015
Il Genio più grande: Leonardo da Vinci
Il 15 aprile 1452 nasceva a Vinci Leonardo, quindi oggi 15/4/2015 cade il 563° anniversario della sua nascita, e oggi a Palazzo Reale di Milano si inaugura una grande mostra su di lui, in concomitanza con l'evento dell'Expo. Mostra che gli organizzatori hanno preparato per 5 anni con opere pittoriche e grafiche e opere di altri artisti del suo tempo per ricreare lo spirito, l'atmosfera culturale dell'epoca, i rapporti artistici fra coloro che agivano in quel mondo e in quel tempo.
Ma non è della mostra che voglio parlare, infatti ancora non l'ho visitata, ma di lui, di Leonardo, di colui che tempo fa, in una specie di referendum, fu definito il più grande genio dell'Umanità. E soprattutto dell'uomo e dell'artista che sin da quando ero ragazzina mi ha affascinato come nessun altro.
Di lui ho visto le opere del Louvre, alcune pagine dei suoi Codici, alcune macchine costruite sui suoi disegni, oltre ad una edizione di uno dei libri più completi sulla sua opera omnia, cioè artistica, ingegneristica, scientifica.
Da ragazzina lessi il libro di Dimitri Merezkovskij Leonardo Genio , libro che si rivelò poi con varie imprecisioni ed errori storici, ma di indubbio fascino. Poi l'ho studiato ed è rimasto, se non il mio artista preferito, uno dei miei prediletti. Poi ho avuto in casa uno splendido volume intitolato Leonardo da Vinci pubblicato nel '57 dall'Istituto Geografico De Agostini con le riproduzioni oltre che dei suoi dipinti, anche dei suoi Codici. Un libro davvero bellissimo e interessantissimo, oltre che di dimensioni notevoli.
La cosa che, ovviamente, mi ha più affascinato in lui è stata la poliedricità del suo genio. Capace di dipingere la Vergine delle Rocce e nel contempo di inventare il sottopassaggio o l'elicottero, ma soprattutto capace di riprodurre nelle sue opere i suoi studi e saperi: di botanica o di geologia che sia, facendone un capolavoro. Forse proprio questa è la cosa che mi affascina di più. Sapere che quell'erba, quei fiori, quei monti, ad esempio nella Vergine delle Rocce, potrebbero illustrare un libro scientifico, ma al contempo sono di una bellezza e poesia artistica eccezionali. In lui le sue conoscenze partecipano della sua arte e la sua arte partecipa del suo genio scientifico. E poi è stupefacente il senso dell'atmosfera nei suoi dipinti. Come si può dipingere l'aria? Eppure Leonardo l'ha fatto e chi ha visto le sue opere lo sa. Non è solo un fatto di tridimensionalità, di prospettiva, le sue figure sono avvolte dall'aria che il suo sfumato è in grado di creare. Si dice che Raffaello abbia tentato di dipingere con questa tecnica, con il risultato di rendere lo sfondo della sua opera nero e di non riuscire a ricreare quell'effetto di pulviscolo atmosferico leonardesco. Quando studiavo l'immagine sui libri, ad esempio, della Gioconda il dipinto non mi appariva così eccezionale come si diceva. Ma quando sono stata davanti a quel quadro mi sono resa conto, anzi ho sentito, di essere davanti ad una delle opere più belle e affascinante che un artista in ogni tempo abbia mai creato.
La mostra a Milano, ho letto, pare voglia un po' sfatare la “solitudine” del grande artista. Probabilmente sarà vero che non fosse così incompreso come si è sempre detto, anche se non lo credo. Certo che sapevano che era un grande artista, ma l'incomprensione era per lo scienziato, per lo studioso. Durante un soggiorno, mi pare in Veneto ma non lo ricordo bene, lui scoprì delle conchiglie ed elaborò la tesi che dove ci sono le Alpi, c'era il mare. E aveva ragione. Ma chi mai poteva credergli al tempo?
Il suo grande mecenate Ludovico il Moro, fu scacciato dai francesi, distruggendo, come fa l'ISIS, il monumento equestre che stava elaborando per lui Leonardo, che dovette fuggire anche lui da Milano.
Michelangelo, brutto e gobbo, lo dileggiava, mentre lui oltre che bello era anche di buon carattere, accomodante e pacifico, ma non ebbe mai una gran fortuna e neppure grandi riconoscimenti. Era lento nel dipingere, distratto dai suoi mille studi: la dinamica, l'anatomia, la botanica, la geologia, l'ingegneria meccanica e civile, ecc. ecc., intanto il suo sistema di canali per l'irrigazione è ancora in funzione in Lombardia. Come artista sapevano che era grande, ma non era affidabile per i suoi tempi lunghi e per le sue sperimentazioni, vedi Il Cenacolo a Milano. L'ho visto come tanti di voi, spero, ed è l'unica Ultima Cena che valga la pena vedere in assoluto. E' l'unica in cui le immagini disposte tutte dietro il tavolo non risultino forzate e noiose (non parliamo di quelle con i convitati disposti intorno alla tavola che si girano, come si fa per fare una foto di gruppo oggi). L'unica nella quale la monotonia delle figure non esista per quel movimento che le raggruppa a tre per commentare le parole di Gesù: “...qualcuno di voi mi tradirà.”. A tre formando ancora una volta la composizioni a piramide, altra sua geniale invenzione pittorica seguita da tutti gli artisti, anche i più grandi, del tempo. Ma quante peripezie ha avuto questo capolavoro eseguito con tecniche sperimentali che hanno subito di più le offese del tempo e delle vicissitudini, che già lo deteriorarono durante l'esecuzione, come l'allagamento del refettorio in cui è sito, mentre ancora Leonardo lo dipingeva.
Il Papa non lo volle al suo servizio né gli commissionò mai nulla, non lo ricevette nemmeno. Leonardo emigrò, molto infelice e frustrato. Credo sia inconfutabile, morì infatti in Francia nel castello di Aboise, del quale progettò, dicono le guide, una splendida scala elicoidale, nel 1519 a 67 anni. Oggi sarebbe ritenuto giovane per morire, ma per quei tempi era vecchio, come d'altra parte ci appare nel suo famosissimo autoritratto con lunghi capelli e lunga barba bianca, sembra almeno un ottuagenario.
Avrei da dire ancora tante cose sul genio e sull'arte di Leonardo, ma ho imparato che su un blog non si può essere troppo lunghi, inoltre la lunga lettura al pc stanca più di quella della carta stampata, così mi fermo qui. Semmai andrò a vedere la mostra riscriverò sull'argomento. Maresa Sottile
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