J. M. William Turner (1775-1851), fu un artista inglese complesso, con una profonda evoluzione artistica. Indubbiamente un grande. La sua vita fu dedicata totalmente alla vocazione pittorica, infatti tra pitture, disegni e acqueforti creò migliaia e migliaia di opere.
Ebbe subito successo, non si sposò mai, pur avendo varie amanti da una delle quali ebbe due figlie, e nella casa di una di esse morì il 19 dicembre 1851. Visse invece con il padre fino alla morte di questi. Fece vari viaggi in Europa, soprattutto in Italia.
T. nasce nel 1775 da famiglia molto modesta, il padre era un barbiere, e fu il primo a promuovere le capacità del figlio ancora adolescente mettendo i suoi lavori in esposizione nella vetrina della propria bottega. Rimasto orfano della madre, che morì pazza per il dolore della perdita di una figlia, T. andò a vivere da uno zio materno.
A 14 anni iniziò a frequentare la Royal Accademy of Arts e già alla fine del suo primo anno fu scelto un suo lavoro da esporre alla Mostra annuale dell'Accademia, cosa che lui fece poi per il resto della vita.
Ci sono artisti che vengono riconosciuti solo dopo la morte, non fu il caso di Turner che ebbe subito successo. Ma in un secondo tempo anche molte critiche. Indubbiamente T. era davvero dotato per il disegno, ne lascerà più di 19.000, e la sua dedizione al proprio lavoro fu molto forte, come in fondo per ogni vero artista in ogni tempo.
Naturalmente nella sua formazione artistica e culturale erano quasi obbligatori i viaggi, soprattutto quello in Italia toccando Roma, Venezia, Firenze, Napoli. Ma visitò più volte anche Francia, Germania, Austria, Svizzera, Belgio, Olanda e fece vari viaggi nella stessa Inghilterra. Studiò le opere del Louvre e l'arte italiana e fu anche interessato e a volte amico di artisti del suo paese. A questa formazione è legata una gran parte delle sue opere e anche la scelta dei soggetti: paesaggi italiani, paesaggi alpini, e, secondo la moda del tempo, scene storiche, battaglie.
La sua opera si svolse durante il Romanticismo e ne subì certamente l'influenza nei soggetti e nello stile.
Ma col tempo la sua ricerca pittorica, l'uso dei colori e di una tecnica mista tra acquerello e olio, danno un risultato particolare, che molti hanno detto precorritore dell'Impressionismo.
In realtà Turner va oltre, soprattutto nell'ultima parte del suo lavoro, quando nelle sue opere le immagini bisognerà andarle a cercare, di solito alla base della composizione perché l'opera è in realtà una deflagrazione di colore e luce, veri, soli, unici protagonisti.
Turner vedeva nella luce, nel sole Dio, dicono gli storici e i critici d'arte, ma sono solo le motivazioni che forse lo stesso artista si dava, ma, oltre ad un certo Espressionismo, secondo me innegabile, che il suo colore crea, si può leggere nella sua opera una ricerca coloristica e artistica molto “avanti” molto “moderna”.
Immagini quasi inesistenti e una sarabanda di colore e luce che più “fuori” dalla pittura del suo tempo, non potrebbe essere. Di Turner è questo di cui ci si innamora: quei luminosi, quei cupi, spesso drammatici colori rutilanti e trascolaranti.
E di ciò si innamorò John Ruskin, che giovanissimo, lo difese dalle forti critiche con cui fu accolta ad un certo punto l'evoluzione del suo stile, che ormai dava spazio più alle emozioni che alle immagini.
Ruskin è stato un complesso personaggio della cultura inglese, saggista, pittore, critico d'arte, che a soli 17 anni, nel 1826, difese Turner con forza con una lettere al giornale che aveva criticato l'opera dell'artista, lettera che ebbe grande risonanza. Nacque una grande amicizia tra i due e Ruskin fu addirittura nominato dall'artista suo esecutore testamentario.
Gli Impressionisti amano le immagini, amano la luce e il colore, il paesaggio, la vita quotidiana, sono tutto tranne che drammatici, sia in ciò che raffigurano sia nel modo di trattare il colore. Loro raccontano la vita, il mondo. Realisticamente, anche se poeticamente.
Forse solo proprio con Monet, che l'amò prima e si ricredette dopo, c'è una qualche affinità per quel valore del colore come protagonista dell'arte e lo sfaldamento totale delle 'cose' (in Monet solo in alcune opere: Impression, soleil levant) che ebbero talvolta in comune, ma è Monet che viene dopo.
Turner racconta l'interiorità, il conflitto interiore, attraverso e con la scusa della violenza della natura, in modo drammatico. La scena rappresentata, quando si distingue, è per lo più irrilevante. Il parallelo si può comunque comprendere, si parla di luce, colore e impressioni. Impressioni più concrete da un lato e impressioni più emotive dall'altro.
In una pagina su Rotko, Gillo Dorfles parla delle vibrazioni coloristiche che si sprigionano dalla vicinanza dei colori nelle sue tele. Certo, a mio avviso, le vibrazioni che si sprigionano dai colori di Turner sono davvero assai più forti.
Maresa Sottile
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