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giovedì 4 dicembre 2014
TRE GRANDI MOSTRE AL PALAZZO REALE DI MILANO: CHAGALL, SEGANTINI, VAN GOGH
A Palazzo Reale di Milano ci sono tre grandi Mostre: Chagall, Segantini e Van Gogh, e c'è una grande affluenza di pubblico, come sempre. Le mostre, per chi fosse interessato, si concludono nel 2015, quella di Segantini il 18/1, quella di Chagall l'8/2, infine Van Gogh l'1/3.
La mostra di Chagall è piuttosto ricca con anche alcune delle opere più famose dell'artista.
Chagall (1887/1985) è un unicum nell'arte, cosa comune ai più grandi. E' difficile non riconoscere le sue opere con quelle case a volte capovolte, i grandi mazzi di fiori, gli innamorati che spesso volano sulle case, come accade anche ad alcuni suoi violinisti... ma pure i Cristo, con il panno rigato che usa la sua gente a ricordarci quello che troppo spesso dimentichiamo. Tutte narrano del suo piccolo e lontano paese natio, Vitebsk sperduto nella vasta Russia, del suo mondo ebraico, dell'amore per Bella, sua moglie, che non si spense mai. Eppure questo mondo così personale diventa un luogo universale, dove M. C. narra le umane vicende, belle e brutte, tristi e gaie. Così i suoi mazzi di fiori, spesso rose, a volte inseriti nell'opera, a volte protagonisti unici, ricordano la bellezza, portano ottimismo, come i suoi colori che dai bruni un po' cupi pian piano si schiariranno e diverranno più vivaci. Chagall nel 1910 lasciò la Russia e andò a Parigi e nel '13 in Germania dove la sua opera fu accolta favorevolmente, ma con l'avvento del nazismo non potè neppure recuperare le opere che vi aveva lasciato, che, come quelle di molti altri artisti, furono imbrattate e distrutte come opere debosciate. Nato povero, in Russia non riuscì realmente a inserirsi, anche se creò un'Accademia d'Arte nel suo paese e per un po' partecipò alla vita artistica russa, ma sarà in Francia, anche se con un periodo a New York durante la 2° Guerra Mondiale, che C. avrà successo ed anche agiatezza, grazie a Vollard, il famosissimo mercante d'arte anche di Picasso, che lo ritrasse in un bellissimo quadro cubista.
Nel 1858 ad Arco di Trento, grazioso paese nei pressi del lago di Garda, nasce Giovanni Segantini. La sua vita è segnata da lutti e miseria e ne fa uno sbandato finché ne 1874, uscito dal riformatorio, si iscrive all'Accademia di Brera e trova lavoro presso la bottega del pittore Tettamanzi.
Nel 1894 si trasferisce con moglie e figlio in Engandina, a Maloja. Segantini ama la montagna e la racconta in tutta la sua maestà, ama e narra il lavoro umile e faticoso di contadini montanari e pastori, ama gli animali, buoi, mucche, pecore e le racconta con affetto, tanto che quando dipinge la serie de Le due madri dipinge una donna con un neonato in braccio e una mucca col vitellino accanto, in una stalla.
Anche Segantini (si chiamava Segatini e nel '74 aveva modificato il cognome) ebbe successo e raggiunse una certa agiatezza, ma morì nel 1899 a soli 41 anni, per un attacco di peritonite. Le opere provengono in gran parte dal museo Segantini di S. Moritz.
Non si potrebbero trovare due artisti più diversi di Chagall e Segantini, esposti così vicini a Milano. Quanto è fantastico e visionario il primo tanto è realistico il secondo. Uno usa un colore vivace a zone che poi si macchiano di altri colori, l'altro usa piccole pennellate di vari colori con la tecnica del Divisionismo. Tanto è ottimista l'uno tanto è cupo l'altro, tranne quando la sua opera incontra il bianco. Il bianco di Segantini è uno dei più bei bianchi che abbia mai visto in pittura: un bianco luminoso che travolge la cupezza dell'autore. Può essere il bianco della neve o di un ombrello e l'opera si illumina di una luce e di un fascino particolare. Chiude la mostra L'Angelo della vita, del 1894 con studi e varie versioni, un'opera completamente diversa per svolgimento del tema della maternità, sia per la tecnica pittorica sia per i colori, soprattutto grigi e cerulei, dolci e sfumati. Vien da pensare ad una rilettura della grande pittura del passato, addirittura si pensa ai Preraffaelliti, ma in effetti è una pittura diversa dolce e sognante, un modo nuovo per S. che rimane un momento particolare senza uno sviluppo.
Vincent Van Gogh è uno degli artisti più conosciuti, i cui quadri hanno raggiunto le più alte quotazioni al mondo, pensare che da vivo vendette un'unica tela e al fratello Theodor, che lavorava nell'ambiente artistico e che lo supportò sempre economicamente e moralmente.
Sappiamo tutti che Van Gogh ebbe una vita misera e infelice, afflitto anche da disturbi nervosi e che morì suicida. La sua pittura, paesaggi e ritratti per lo più, è carica di colore, movimento, anche se statica, dato dalle sue pennellate che cambiano direzione e che ci pare possano essere contate.
Anche lui un unicum nell'arte, con connotazioni così personali che non può essere seguito da nessuno perché non avrebbe senso, sarebbe solo un'imitazione.
La mostra di Van Gogh mi è parsa la meno riuscita, le opere sono del periodo in cui V.G. studia da autodidatta per diventare pittore, cosa che decise a 27 anni, senza aver combinato molto fino allora. Così la mostra segue i suoi studi, i suoi primi tentativi pittorici con tele che poco hanno a che fare col Van Gogh che tutti amano. Solo nell'ultima sala ci sono otto dipinti che ci fanno vedere l'artista che conosciamo, un po' poche e non tra le più famose, oltre un piccolo Autoritratto che ci accoglie, con una cornice che lo soffoca, all'inizio della mostra. E, purtroppo, si resta un po' delusi. Maresa Sottile
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