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lunedì 16 marzo 2015
A Roma al Vittoriano grande mostra di Giorgio Morandi
Il 27 febbraio si è inaugurata la Mostra di Giorgio Morandi al Vittoriano con 150 opere. Si chiuderà il 21 giugno 2015.
Giorgio Morandi (1890-1964) è un artista riconosciuto in tutto il mondo tra i più grandi del '900 e come accade per tutti i grandi artisti è un unicum.
La sua vita è lontana dallo stereotipo di quella dell'artista stravagante, sregolato. Non si arricchì pur essendo affermato come artista. Fece vita molto ritirata, lavorando come insegnante di disegno, prima alle scuole inferiori, poi - chiamato per meriti - alla Cattedra di Incisione all'Accademia di Belle Arti di Bologna, città in cui visse tutta la vita con le due sorelle di cui si occupò tutta la vita dopo la morte dei genitori, e dalla quale si mosse raramente.
Studiò l'arte antica italiana ma anche le innovazioni degli Impressionisti e i movimenti artistici del suo tempo. Condivise la vita culturale del '900 e della sua città, ma visse in modo assai schivo, lavorando senza subire molto le influenze del modo artistico del tempo, restando fedele tutta la vita ad un suo mondo poetico e metafisico. Morandi per lo più dipinse oggetti quali bottiglie, vasetti, coppette, scatole che cercava e comprava nei mercatini per poi creare le sue composizioni, molto studiate per i rapporti di colore, forme, spazio. Nel suo studio di via Fondazza colorava quegli oggetti e li conservava. Creava poi le sue composizioni disponendo su un piano quelle cose da lui raccolte e trasformate, così gli stessi oggetti appaiono in più opere. E sembra strano che un artista che ha dipinto tutta la vita le stesse cose - tranne qualche paesaggio e qualche ritratto - cambiandone l'accoppiamento e il numero, possa essere ritenuto un grande artista. Eppure guardare un'opera di M. si entra in un mondo a parte, silenzioso, luminoso, pieno di sospesa atmosfera, un mondo che va oltre l'apparenza. Oggetti umili e comuni in una variazione di forme e tonalità che fa entrare chi guarda in una dimensione rarefatta e al contempo reale. Si resta affascinati a guardare quelle bottiglie, quei vasi, quelle scatole, dalle tonalità polverose, dagli accostamenti di tinte che variano di poche tonalità tra di loro, magari poi interrotte nel loro dialogo di forma e colore da una tonalità diversa, più vivace o più scura che le esalta, o da una forma contrastante che esalta il tutto. La luce nei suoi quadri pare nasca dalle cose.
Bisogna essere un genio se dipingendo tutta la vita quasi la stessa cosa si affascina il mondo. Ma poi a pensarci bene non hanno fatto sempre questo tanti artisti, geni dell'arte? Che per lo più hanno usato il corpo umano, però. Si va da una tela all'altra per ritrovare le stesse movenze, gli stessi personaggi, gli stessi panneggi, gli stessi paesaggi, gli stessi colpi di luce o luci soffuse, si guardano le figure che un artista ha imitato da un altro per farne un capolavoro proprio. Questa è l'Arte, non quello che si rappresenta, ma come si rappresenta. Morandi con le sue bottiglie, vasi, scatole, ci fa entrare in un mondo poetico, in un'atmosfera rarefatta in cui tutto diventa altro e ci rapisce. Il suo, potremmo dire, minimalismo è ricco di suggestioni avvolte da colori polverosi, una casualità apparente di forme che creano composizioni bilanciate in una costruzione dello spazio e dei piani più complessa di quanto appaia al primo sguardo. Morandi è un poeta che con parole apparentemente semplici ma ben accordate tra loro, dice cose profonde.
Anche i suoi paesaggi essenziali hanno molta atmosfera, vien in mente anche Carrà per l'essenzialità delle forme e dei colori; e sono molto belle le incisioni, tecnica di cui era davvero un maestro, nelle quali è riuscito a ricreare l'atmosfera che c'è nelle sue tele, anche se la mancanza del suo colore magico si fa sentire. Maresa Sottile
mercoledì 11 marzo 2015
Jan Vermer
Pittore olandese del XVII sec. Jan Verneer (1632-1675) per un certo tempo rimase poco conosciuto. L'interesse degli storici dell'arte per lui è stata tardiva ed è giunta solo alla fine dell'800 grazie allo studioso dell'arte Pieter Van Ruijven ed anche a Marcel Proust che apprezzò la calma silenziosa dei suoi interni che portava ad una profonda riflessione. La sua conoscenza da parte di un vasto pubblico è legata ad un libro ed a un film, passato anche più volte in televisione, che lo ha reso popolarissimo.
Nato a Delft non andò mai fuori dell'Olanda, forse dalla sua città e la sua fama rimase infatti circoscritta ad essa. La sua arte non lo arricchì, e quando morì, ancora giovane, lasciò la moglie e i numerosi figli in pessime acque tanto che la vedova chiese di pagare i debiti del marito con i suoi dipinti. Pur avendo ereditato dal padre le sue attività commerciali, egli si trasferì in casa della suocera che sin dall'inizio mantenne la sua famiglia e poi economicamente lo aiutò sempre. In effetti della sua vita non si sa molto.
Vermeer comunque si conquistò un certo prestigio, tanto da diventare Sindaco della Gilda di Delft (Corporazione in cui si riunivano gli artigiani e gli artisti), ed ebbe alcuni facoltosi clienti tra cui un vero e proprio mecenate in un ricco signore della città,Théophile Thoré-Burger. Le notizie su Vermeer sono però assai poche e quasi mai certe sia per la lunga dimenticanza sia per la mancanza di documenti.
Andò a bottega per studiare presso un pittore locale piuttosto noto, come già in Italia non si faceva più. Probabilmente venne in contatto con importanti artisti del suo tempo e conobbe l'opera del Caravaggio, ma non direttamente visto che non lasciò mai il suo Paese.
I suo dipinti sono quasi tutti interni domestici, restano solo due paesaggi.
Essi hanno sempre inquadrature particolari, sembrano quasi degli scatti fotografici: splendide inquadrature di interni che colgono momenti sempre assai intimi e familiari. Pare che usasse la “Camera Ottica” ormai largamente usata soprattutto per i paesaggi. Inoltre nelle sue opere fa un uso della luce di derivazione caravaggesca. Nei suoi interni è molto attento e preciso nella descrizione dell'ambiente e a ciò che esso contiene, oggetti, quadri, tessuti. E spesso questi elementi si ritrovano in più opere. E a volte collegate alla scena rappresentata le danno un significato diverso da quello apparente.
La vita domestica e la gente comune sono uno degli argomenti preferiti nella pittura fiamminga già da tempo, diversamente dall'Italia dove la religione ha un peso fondamentale.
Caravaggio, pur dipingendo soggetti religiosi aveva portato i suoi personaggi e l'ambiente in cui si svolgeva la scena in un mondo più realistico e contemporaneo, vedi La vocazione di San Matteo, nella quale la scena si svolge in un ambiente chiuso, una stanza che poteva essere una taverna, aveva introdotto anche lui un elemento realisticamente di attualità anche nell'abbigliamento e nei personaggi rappresentati, ma solo nel '700 in Italia nascerà quella che si chiama 'pittura di genere' e che parla del quotidiano e della gente comune.
L'arte fiamminga invece ha avuto da sempre questa connotazione di quotidianità, di personaggi comuni, rappresentando anche il lavoro più umile, l'abito del povero, la fisionomia dell'uomo comune.
Vermeer in un certo senso inserisce il concetto di luce di tipo quasi caravaggesco alla quotidianità della sua tradizione fiamminga.
Ma questa è solo l'apparenza. In realtà le opere di Vermeer non sono proprio quello che rappresentano. In quella puntualità nel descrivere ambienti ed oggetti che ne fanno parte c'è spesso il probabile significato delle sue opere. Un significato più alto che non ha a che fare con la pittura realistica 'di genere'.
Già l'uso del colore è particolare, fatto a piccoli punti e con dei puntini bianchi che danno effetti di luce particolare. Colori che spesso si ripetono, ama il giallo e l'azzurro.
Questi squarci di vita e attività quotidiane, narrate quietamente come delle istantanee, assumono un valore universale più alto. Hanno a che vedere col senso della vita, con l'anelito dello spirito umano verso significati più profondi. Sentimenti, cultura e desiderio di sapere. Sono opere colte quelle di Vermeer, cariche di simboli, di notizie, di richiami culturali. Ambienti silenziosi in cui si è portati a pensare, a riflettere, ad interrogarsi.
Le opere attribuite a Vermeer sono circa una quarantina, ma molti non le credono tutte sue perché un famoso falsario pare che abbia dipinto vari Vermeer. Eppure anche nel numero esiguo dei dipinti certi l'artista ha creato un suo mondo che è un vero e proprio caso artistico ancora studiato oltre che ammirato da molti.
Maresa Sottile
Maresa Sottile
mercoledì 4 marzo 2015
Paola Levi Montalcini un'artista affascinata dalla scienza
Il nome di Rita Levi Montalcini è noto certamente a tutti, soprattutto in Italia, dopo che nel 1986 ricevette il Premio Nobel per la Medicina, dimostrando ancora una volta che intellettualmente le donne sono eguali agli uomini e che la loro intelligenza può assurgere a livelli altissimi, anche nel mondo scientifico, ambito nel quale un tempo le donne non erano ammesse. Le donne per secoli sono state escluse da questi studi perché ritenute incapaci, con doti intellettive inferiori. Anche se già dall'antichità avevano dimostrato il contrario.
Meno noto è il nome della sua gemella Paola. E soprattutto non molti sanno che è stata una pittrice e scultrice, un'artista di indubbio talento.
Allieva del grande Casorati, assieme a quella che diverrà la moglie di lui, la nipote del famoso scrittore Somerset Maugham, ma anche a Lalla Romano ed altre. Partecipa al movimento futurista, poi al MAC (Movimento Arte Concreta), conosce e frequenta l'Intelligentia artistica del suo tempo da Argan a De Chirico. Sposa un poeta futurista.
Dopo il periodo della guerra riprende il suo lavoro guardando all'astrattismo, alla fotografia e, come la gran parte degli artisti dell'epoca, a nuovi materiali con cui esprimersi.
Molto informata su quanto accade nel mondo dell'arte e non solo in Italia, quindi a conoscenza di tutte le filosofie ed i movimenti artistici del suo tempo, è però molto influenzata dalle attitudini familiari: cioè dal mondo scientifico e matematico. Padre, fratello, sorella sono interessati alla matematica ed alla scienza e Paola sente il fascino dei numeri, dei misteri che celano il mondo della matematica e delle Scienze, che stimolano la sua fantasia d'artista. Mondi misteriosi e fascinosi, che sembrano non legare con l'espressione artistica nel concetto che mi sembra superato (vedi anche Escher), che l'Arte sia espressione di sentimento, e la Scienza fredda espressione intellettuale, e in cui invece la Levi trova ispirazione diventandone il contraltare artistico.
Ed è affascinata, oltre che dai numeri e dalle figure geometriche, dalle possibilità espressive dei materiali, dai metalli a quelli plastici, fino alla luce, alla cinesi e alla computer grafica.
Di lei hanno scritto grandi storici e critici dell'arte come Argan e Dorfless e la stessa sorella Rita, che ha donato, alla sua morte alla Galleria d'Arte Moderna quaranta sue opere.
Maresa Sottile
Maresa Sottile
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