San Luigi dei Francesi è una bella chiesa francese in stile barocco alle spalle di Piazza Navona, piena di tele sugli altari e alle pareti delle cappelle laterali, come tante se non fosse per l'ultima cappella a sinistra: la Cappella Contarelli. Lì ci sono le tele dipinte da Michelangelo Merisi (1571/1610), il Caravaggio e il discorso cambia. Anche un profano si rende conto di trovarsi di fronte a qualcosa di diverso ed eccezionale.
Le date di inizio e di termine dei dipinti della Contarelli sono molto controverse, come del resto tutta la storia di questi dipinti è assai movimentata. Lotte con gli estranei e con se stesso resero la stesura delle quattro grandi tele piena di interruzioni e di cambiamenti.
La Cappella Contarelli fu dedicata dal proprietario a San Matteo, e Caravaggio nei due grandi dipinti laterali rappresentò “La Vocazione di San Matteo” e “Il martirio” del Santo; sull'altare “San Matteo” che presumibilmente scrive il Vangelo.
Fu proprio questa la prima tela dipinta dal Caravaggio, contestata dai frati e tolta dalla Cappella e dopo anni sostituita da una seconda versione che è quella che si ammira oggi.
Il primo dipinto di “San Matteo” era troppo spregiudicato e controcorrente per i tempi perché i frati non la trovassero sconveniente.
Infatti il Santo è rappresentato come un rozzo e ignorante contadino non abituato ad usare la penna tanto che un angelo guida la sua mano, “...ragazzaccio insolente, panneggiato in un lenzuolo a strascico come in un dramma sacro di teatrino provinciale...”, come dice Roberto Longhi, ed al tempo stesso troppo sensibilizzato per una chiesa. Nel farlo Caravaggio non ha tenuto nemmeno conto che Matteo, essendo un gabelliere era aduso alla penna. Inoltre i rozzi piedi del Santo sono rivolti a chi guarda, cosa che Caravaggio farà spesso e che sconcerterà sempre committenti e pubblico.
Rifiutata dai frati, l'opera fu acquistata dal marchese Giustiniani. Giunse poi a Berlino dove durante la II° Guerra mondiale venne distrutta in un bombardamento.
Anni dopo Caravaggio riprese il soggetto e dipinse il secondo San Matteo che vediamo posto sull'altare.
Ma questa seconda versione non ha la potenza, la forza, del primo San Matteo, ha qualcosa di manieristico nella composizione, nelle curve contrapposte e molto modulate. Caravaggio fa concessioni all'eleganza formale della composizione, nella contrapposizione delle curve. San Matteo è più 'nobile' e meno ottuso nell'espressione e l'angelo è più angelo e...vola. Indubbiamente, anche solo vedendo le fotografie della prima versione ci si rende conto che era superiore a quella rimasta, che comunque rende il senso del miracolo nell'ombra che si addensa attorno alle figure creando uno spazio indefinito e nelle luci chiare che vibrano negli abiti. Inoltre lega di più con le altre due grandi tele e in un certo senso dà inizio alla maturità di Caravaggio.
La “Vocazione” è la prima grande composizione di Caravaggio. La scena si svolge in uno spoglio locale chiuso, un ufficio da esattore (era un gabelliere) ed attorno ad un tavolo si aggruppano cinque persone. La scena fa pensare più ad una taverna che ad un 'ufficio'. Due giovani zerbinotti, con la spada al fianco ed il cappello piumato assistono con indifferenza alla scena che si svolge sotto i loro occhi senza capirne l'importanza. Sono questi due personaggi cari al pittore che spesso li introduce nelle sue opere, e che sono anche un po' il ritratto di Caravaggio e di chi frequenta, del suo mondo. Altri due personaggi a sinistra non guardano neppure quel che sta accadendo, tutti presi a contare i denari. L'unico ad intendere quel che avviene è la figura centrale, Matteo. Altre due figure completano la composizione: Gesù e un Apostolo. Sembra una taverna frequentata da poco di buono.
Una fonte luminosa, che non è la finestra che si apre sul muro, illumina la scena, ma con un carattere particolare rivelando o nascondendo le immagini a seconda dell'esigenza del racconto e dell'espressione. Essa intride di luce i corpi e le vesti dando loro un senso, un significato, creando l'atmosfera del quadro e il discorso spirituale della composizione. Nella penombra brilla la mano del Cristo, leva morale della scena. E la luce bagna quei volti indifferenti di giovani smidollati, la mano sul petto per accennare a sé e il viso di Matteo che comprende e si meraviglia, il volto avido del vecchio che si aggiusta gli occhiali, le mani che fremono vicino al denaro, pronte ad afferrarlo. Caravaggio dipinge la scena con grande realismo, ma nella mano di Cristo e nel gesto di Matteo non c'è più nulla di di realistico, qui subentra lo spirito, il sacro, e questo contrasto tra lirica pura e sfida polemica è il simbolo della pittura di Caravaggio, e poi del '600.
I colori sono assai belli ed hanno un loro valore poetico, anche se sono un po' subordinati all'effetto di luce ed ombra vero protagonista pittorico e stilistico del dipinto. La luce in Caravaggio è realistica, ma al contempo ha un senso spirituale
“Il Martirio di S.Matteo” si svolge sui gradini di un altare nella penombra di una chiesa. L'opera ebbe due redazioni e nella prima composizione doveva essere simile alla “Vocazione”, cioè parallela al piano di fondo e con uno spazio architettonico sviluppato in alto, e di essa pare sia la parte sinistra del dipinto. Ma esigenze di vario tipo portarono l'artista a creare una scena più complessa e drammatica grazie ad uno spazio profondo in cui le figure si muovono su gradini e un carnefice seminudo lo sta afferrando. Altri due figuri seminudi sono semisdraiati su panche ai due lati in basso del quadro, in posizioni contrapposte. Un angelo scende da una nuvola e porge al Martire la palma della Vittoria.
Sulla destra un chierichetto fugge atterrito con un gesto che ricorda il “Fanciullo morso da un ramarro”. Sulla sinistra vi è un gruppo di uomini. Due di essi guardano atterriti, altri due (di cui uno dall'aria fatua) vanno via dando un ultimo sguardo alla scena; nell'oscurità se ne scorgono appena ancora due, dei quali uno forse lo stesso Caravaggio. Ma questo gruppo di sinistra non si amalgama con le figure ignude dei carnefici e la loro raffigurazione non è giustificata nella scena. In se stessi sono pezzi bellissimi e hanno pose magnifiche, anche il chierichetto è un pezzo di poesia pittorica, ma essi distraggono dall'insieme, dal dramma, e non creano un tutt'uno coerente.
Anche qui la luce ha un'importanza grandissima ed assorbe i colori nei suoi contrasti di luce e ombra. La luce trascorre nell'aria greve intagliando il nudo del carnefice, facendo risaltare la cotta del chierico, le mani levate al cielo degli uomini inorriditi, l'angelo che si sporge dalla nuvola.
Un'aria di rissa di strada aleggia e questo realismo così crudo, qui è appena riscattato dal gruppo compatto e assai più omogeneo di quello di sinistra.
A parte ogni tipo di analisi storico-critica, visitare la Cappella Contarelli e vedere le tele di Caravaggio è una bellissima esperienza che resta per sempre.
Maresa Sottile
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