Giovanni Antonio Canal, nasce
a Venezia nel 1697. E' figlio d'arte, il padre, infatti, dipinge
scenari teatrali e, così, lui ed il fratello seguono il mestiere
paterno, collaborando con lui. Giovanni Antonio ha ventun' anni
quando, con loro, si reca a Roma per realizzare le scene di un'opera
di A. Scarlatti. Qui viene in contatto con famosi paesaggisti, tra i
quali Gaspar Van Wittel, padre di Luigi Vanvitelli, che è uno dei
primi vedutisti. Il paesaggio fino ad allora era stato usato
soprattutto come fondale, scenario, per le figure, anche se già
proprio i pittori veneti, da G. Bellini a Giorgione, gli avevano dato
grande rilevanza nelle proprie opere.
Come
nel Seicento Caravaggio aveva dato inizio alla grande tradizione
delle 'nature morte' (anche se qualche altro artista ne aveva già
dipinto), nel Settecento il paesaggio assurge a protagonista della
pittura. E, certamente, G. A. Canal diverrà il più grande vedutista
del tempo e non solo.
Rientrato
nella sua città l'interesse per il nuovo genere pittorico lo spinge
a contattare e frequentare i pittori paesaggisti ed a dedicarsi al
vedutismo. Ha successo tanto che anche importanti collezionisti
italiani e stranieri richiedono sue opere. Esegue anche opere
celebrative della città come il famoso: Il Bucintoro al Molo il
giorno dell'Ascensione, che rappresenta lo sposalizio della città
col mare.
Diventato
quindi molto noto in città, e non solo, la sua fama non può
sfuggire ai turisti, in questo caso inglesi. Venezia è meta
turistica dei ricchi europei impegnati nel famoso Gran Tour, e così
le opere di Giovanni Antonio, diventato il Canaletto, per
distinguerlo dal padre, colpiscono un ricco inglese, Joseph Smith,
che è anche il console britannico in città. Smith diviene suo
collezionista e lo fa conoscere ai suoi danarosi amici amanti dell'
arte. Così Canaletto si fa un nome in Inghilterra e quando la guerra
del 1740/48, sconvolge mezza Europa, e le commissioni non gli piovono
più come prima, se ne va a Londra. Ma non sarà facilissimo il suo
percorso. Dovrà conquistare un pubblico un po' riluttante,
intessere rapporti con personaggi importanti, ma riuscirà a
conquistare l' aristocratica e ricca clientela anglosassone,
appoggiato da Smith, divenuto suo agente.
Rientrato a Venezia
definitivamente dopo una decina d'anni, nella sua città riceverà
committenze importanti. Negli ultimi anni dipinge anche 'capricci',
un genere pittorico nel quale l'artista gioca tra realtà e fantasia.
Ormai riconosciuto e stimato Canaletto lavorerà fino alla morte nel
1768.
Denigrato
dagli storici dell'arte quasi
duecento anni, solo dal
1946 in poi viene riconosciuta la sua grandezza, primo tra tutti,
dallo storico e critico dell'Arte Roberto Longhi. Il suo lavoro per
quasi due secoli è stato denigrato ed incompreso. Gli fu persino
imputato di aver usato la 'camera oscura', pratica adottata da
tantissimi artisti e non solo per i paesaggi. La camera oscura,
matrice della macchina fotografica, conosciuta ed usata sin
dall'antica Grecia, rendeva più veloce il lavoro di un vedutista,
soprattutto quando raccontava paesaggi ricchi di architetture, e non
perché non fosse in grado di eseguirli. Il punto è che i paesaggi
di Canaletto, sono ricchi di un'atmosfera che incanta, quasi in un
mistero di bellezza e leggera melanconia, soprattutto nelle opere
della maturità. Vedere dal vivo un suo paesaggio tocca l'anima,
trasporta in un 'oltre' indefinibile con le parole. Ed è questo che
deve fare l'Arte. Non importa come lo fa, quali tecniche, forme,
colori, materiali, vengano usati. L'arte deve andare oltre, farci
provare qualcosa, darci qualcosa. Nell'arte dobbiamo sentirci toccati
nell'anima, provare cose che altrimenti non proveremmo.
Le
opere di Canaletto sono nei grandi musei e certamente in Gran
Bretagna vi è una delle maggiori collezioni, raccolta da Smith e
venduta al re Giorgio III.
Maresa Sottile
Questo articolo è stato pubblicato sul mensile ALBATROS di settembre 2018
Nessun commento:
Posta un commento