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domenica 27 novembre 2011

La villa ‘ Floridiana ‘ ed il museo delle ceramiche

Il ‘Maggio dei monumenti’, iniziativa nata a Napoli e dilagata per l’Italia, ha contribuito ad una maggiore e più diffusa conoscenza dei beni artistici del nostro paese, dato impulso al turismo e aperte le porte di molti monumenti non sempre fruibili. Ma nelle nostre città vi sono splendide opere sempre visitabili che i cittadini, forse proprio perché sempre a portata di mano, conoscono poco o di cui poco sanno. Mi sembra il caso della ‘Floridiana‘, splendida villa neoclassica napoletana con annesso museo delle ceramiche e parco. Certo non c’è vomerese che non sia entrato in questo parco (meno quelli che non sono del quartiere) ma non tutti hanno visitato il suo museo e sanno la storia di villa e raccolta d’arte
Nel ‘700 la collina del Vomero cominciò a cambiare aspetto. Il villaggio rurale, che deve il suo nome al gioco del vomere che i villani facevano nei giorni festivi, quando da tutte le zone si riunivano per la messa e per passare il giorno di festa a svagarsi, cominciò a trasformarsi perché iniziava ad essere apprezzato dai ricchi proprietari di quelle terre, che presero a costruirvi ville per la villeggiatura: l’aria del Vomero è più fine e fresca di quella della città, i luoghi assai ameni ed i panorami incantevoli. A volte le stesse case coloniche venivano acquistate e trasformate dai nobili, anche stranieri. Infatti nel 1797 Francesco di Chervreaux comprò una masseria dal marchese di San Mango e la trasformò in una bella villa, rivenduta poi al capo della polizia borbonica, il detestato ministro Saliceti. L’acquisto era per la figlia, che però morì presto. Il vedovo principe Caracciolo di Torella a sua volta la venderà nel 1816 al re Ferdinando I, da poco rientrato dal forzato esilio di quindici anni in Sicilia. Lì la regina Maria Carolina era morta, ma Ferdinando, si era subito risposato con la piacevole Lucia Migliaccio di Floridia, vedova del duca di Partanna. Nozze morganatiche dato che la Migliaccio non era di sangue reale, quindi non poteva vivere a Palazzo ed il re la sistemò in un bell’edificio in quella che oggi è Piazza dei Martiri: Palazzo Partanna. Ma evidentemente voleva una residenza più consona dove Lucia fosse ‘regina’. Così Ferdinando comprò la masseria divenuta villa ed un’altra proprietà adiacente, divisa da un vallone, con un edificio che dopo vari passaggi di proprietà era divenuto luogo di preghiera dei frati del monastero di San Martino ed infine una caffeaus, parola -stranamente- italiana che indicava un luogo di ristoro per i gitanti estivi sulla collina.
Il complesso era vasto, verdeggiante ed affacciato sul panorama mozzafiato del golfo. Fu affidato per la sistemazione al più importante architetto della città, Antonio Niccolini. Questi ristrutturò ed abbellì i due edifici nello stile del tempo. Adeguatamente al luogo ed al suo gusto e carattere, Niccolini creò degli edifici semplici e ariosi, perfettamente inseriti nel paesaggio, e curò anche la realizzazione del parco. Unì con un ponte sul vallone le due proprietà ed insieme al direttore dell’Orto Botanico Denhart lo organizzò scenograficamente. Vennero utilizzate 150 specie di piante rare, in gran numero portate da altri paesi, di cui resta poco o nulla. E statue e finti ruderi, serre,(scomparsi); fontane, il teatrino all’aperto della Verzura, un belvedere circolare, gabbie per animali feroci donati dagli inglesi al re, con disappunto dei napoletani, che li detestavano. Il complesso verrà chiamato la Floridiana e la caffeaus Villa Lucia. La duchessa ama villa Lucia, trasformata in marcato stile pompeiano e vi alloggia, usa l’altra villa per la vita mondana. Si ricorda un favoloso ricevimento che diede per Carlo IV, suo cognato.
Quando la coppia reale morì, la proprietà andò ai figli del primo matrimonio di Donna Lucia. Così si smembrò: Villa Lucia passò di mano in mano ed è ora un condominio privato, anche se con dei vincoli, la Floridiana nel 1919 venne acquistata dallo Stato.
Un’altra storia s’intreccia con la Floridiana e il suo museo. Il duca Placido di Sangro, discendente del principe di Sansevero dell’omonima celebre Cappella, sposa nel 1854 Maria Caracciolo di San Teodoro. E' gentiluomo di camera di Ferdinando II e poi di Francesco II quando avviene l'Unità d'Italia va a vivere all'estero. E' soprattutto fra Parigi, dove risiede, e Londra, dove va spesso, che mette insieme una enorme collezione di piccoli oggetti d’arte, in gran parte ceramiche e porcellane. Rientrato a Napoli porta con sé la collezione che alla sua morte nel 1891, viene ereditata dal nipote Placido de’ Marsi, che continua ad arricchirla e nel 1911 la lascia alla città. Nel ‘24 Giovanni Gentile individua nella Floridiana il luogo ideale per la collezione: 5300 pezzi, che nel 1978 verrà arricchita dall’ulteriore donazione di Riccardo de’ Sangro, con altri 580 pezzi. Così è nato il Museo Nazionale della ceramica Duca di Martina, dal titolo del primo duca Placido de’ Sangro. Uno dei più interessanti e bei musei di ceramiche, porcellane, piccoli oggetti d’uso: ventagli, tabacchiere, bastoni…ed anche 28 tele, ricco di storia, di storie affascinanti, tutto in un luogo incantato dal cui giardino, immersi nel verde, davvero si gode un panorama splendido.
                                                                  Maresa

domenica 20 novembre 2011

Egon Schiele
e il suo tempo


Egon Schiele incarna lo stereotipo dell'artista: inquieto, scandaloso, ribelle, cocciuto, tormentato, dalla vita disordinata. Quest'immagine è confermata dalla bella mostra a Palazzo Reale di Milano, curata da Rudolf Leopold e Franz Smola, che l'hanno arricchita con opere degli artisti dell'epoca, da Klimt a Kokoschka, Moser, Gerstl, ricreando così l'ambiente, l'atmosfera in cui crebbe e lavorò Schiele.
Nato nel 1890, Schiele visse un momento molto vivace e importante della vita culturale viennese: la nascita della Secessione e poi dell'Espressionismo; ebbe anche una stretta amicizia con Gustav Klimt, artista ormai affermato, pur se non ne condivise la svolta più decorativa e di compiacente erotismo imboccata dall'amico-maestro, che ciononostante lo ammirò ed aiutò. Ma Schiele ebbe egualmente vita difficile. Tacciato persino di pornografia per le sue rappresentazioni estremamente realistiche del corpo femminile, poi accusato di stupro su una minorenne, accusa che cadde, finì 24 giorni in prigione per i disegni 'osceni' trovati in casa sua durante una perquisizione. Evento che lo fece molto soffrire. Tutto ciò non giovò alla sua 'carriera' artistica, e solo nel '18 cominciò a raccogliere i frutti del suo lavoro. Quando il suo matrimonio con Edith Harms nel '14 mise un po' d'ordine e serenità nella sua vita, si rasserenò anche un po' la sua arte e la Mostra della Secessione Viennese del '918 lo consacrò quale più importante artista austriaco, essendo anche morto Klimt. Ma era ormai tardi, pur avendo solo ventott'anni, la morte era in agguato: prima la moglie incinta Edith Harms, e tre giorni dopo lui, alla fine di ottobre furono falciati dalla spagnola.
Schiele ebbe indubbiamente un forte interesse per il corpo femminile, che ritrasse in disegni, acquerelli, tele mirabili, cominciando con l'adorata sorella Gerti, poi l'amante Wally, infine la moglie, aprendo alla pittura un modo nuovo di esprimere la sensualità. Eppure le sue immagini dal tratto acuto e nervoso non sono mai compiacenti, ma scavano nell'io più intimo. I suoi disegni (peraltro splendidi) ed i suoi dipinti vanno molto più in profondità in un'introspezione psicologica, mentale, molto inquieta e drammatica.
Maresa Sottile
pubblicato sul mensile Albatros del giugno 2010

sabato 19 novembre 2011

Il racconto fantastico di un grande artista
Mauritius Cornelis Escher


L'olandese Mauritius Cornelis Escher (1898/1972), è stato soprattutto disegnatore e incisore, ha prodotto una serie di acqueforti e xilografie molto apprezzate dagli intenditori e non solo, soprattutto dopo grandi mostre in varie città d'Italia, tra le quali una a Roma ai Musei Capitolini e Napoli a Castel Sant'Elmo nel 2005. Queste grandi esposizioni hanno avvicinato un pubblico più vasto ad un artista particolare ed affascinante con il suo mondo quasi sempre in bianco e nero in cui gioca, oltre alle capacità artistiche, una grande perizia tecnica e sperimentale.
Escher, poco incline agli studi scolastici, lasciò la scuola di Haarlem d'Architettura e Arti Decorative per seguire una importante scuola di disegno decorativo. Ma le sue valutazioni non erano molto lusinghiere e lasciò anche questa. Poi, come ogni artista volle fare un viaggio in Italia nel ’22. Nel ’23 tornò e vi si stabilì. Qui conobbe la donna che sposerà e a Siena farà la sua prima mostra che gli porterà subito un grande successo.
Girerà molto per l’Italia e la racconterà nei suoi disegni ed incisioni, soprattutto xilografie. Tanti paesaggi nelle sue incisioni, da Ravello alle montagne dell’Abruzzo, dai paesaggi della Calabria, a quelli notturni di Roma dove si stabilì. Disegni molto interessanti, eseguiti con una grande perizia ed anche sperimentazione nella tecnica dell’incisione, in cui si comincia a notare il suo interesse per le architetture, per certi giochi tra i bui e gli effetti di luce, per ‘effetti speciali’ nella rappresentazione grafica e la sua millimetrica precisione.
Ma nel ’35 Escher non tollera più il clima politico che si sta creando nel nostro paese e si trasferisce in Svizzera. E’ da adesso che inizia la sua produzione più affascinante e famosa. In una visita fatta in Spagna era rimasto molto colpito dall'Alhambra e dalle sue decorazioni moresche. Incominciò così a studiare il disegno ‘periodico’, il modulo, la divisione dello spazio su basi matematiche, la prospettiva, la ripetizione delle immagini nel disegno e nel suo sfondo che può essere uguale o differente e che diventa a sua volta immagine e l’altra diviene sfondo. Escher crea un mondo fantastico, molto più affascinante della realtà, in cui le figure nascono una dall’altra per ritornare dove sono nate, o dove le persone si muovono nello stesso edificio e non si potranno incontrare mai, dove in una bolla di vetro si vede una stanza in prospettiva deformata che permette di vedere quello che forse l’occhio non può. Il tutto rappresentato con una precisione matematica sbalorditiva. E si crea un mondo visionario, illusorio, fantastico, ma estremamente esatto grazie alle scienze matematiche e infatti matematici e psicologi si interessano ancora oggi alla sua produzione ed al suo precisissimo mondo fantastico, che tra l'altro ha influenzato molti disegnatori di fumetti. Ma le opere di Escher non sono solo questo, credo che quando Escher ha abbandonato i paesaggi per immergersi nei suoi studi scientifici, non sia stato solo per interesse e curiosità intellettuale, ma per ricercare una chiave espressiva di rappresentazione del suo mondo interiore. Egli infatti ci parla di armonia, di mistero della vita, di incomunicabilità, di casualità, di sogno, tutti governati da teoremi matematici: qualcosa che prescinde dalla semplice fantasia dell’artista, ma che da scientifico diventa cosmico ed incantato come il mistero della vita.
Maresa Sottile

martedì 8 novembre 2011

Marc Chagall
Marc Chagall è uno degli artisti più importanti del ‘900. Nato a Vitesbek (attuale Bielorussia) nel 1887 e morto in Francia nel 1985. Chagall ha attraversato il ‘900, conosciuto le avanguardie ed i più grandi artisti del secolo, ma non ne è stato influenzato.
Chagall nel panorama della pittura del secolo scorso è un artista unico, oltre che uno dei più noti anche al grande pubblico. Nessuno è stato più russo ebreo di lui e nessuno come lui è riuscito a raccontare il proprio mondo, la propria cultura, la propria infanzia, trasfigurati dalla genialità e fantasia della sua arte. Come tutti i grandi artisti del ‘900 ha stravolto le regole ed imposta la propria visione delle cose, della religione, dei sentimenti. Un mondo di isbe capovolte, innamorati che volano, violinisti che suonano sul tetto, ebrei erranti, e di colori fantastici, a volte materici, irreali ma funzionali al suo narrare.
Leggendo la sua autobiografia scritta nel ’30, periodo in cui sta a Berlino, anche la sua prima mostra fu a Berlino e con successo, ma poi il nazismo espulse le sue opere, si comprende che Chagall non avrebbe potuto dipingere altrimenti. Si capisce come sia rimasto in lui l’universo della prima infanzia, come sia stato formativo per il suo spirito.
Suo primo maestro è un pittore locale, Jehuda Pen, noto nella zona al suo tempo. Poi va a studiare a Mosca, lavorando per mantenersi, e finendo perfino in carcere perché essendo ebreo non ha il permesso di soggiorno, come se fosse uno straniero in patria. Nel 1910 va a Parigi vi si ferma fino al 1914. Conosce il lavoro dei più grandi artisti del suo tempo, lavorando anche fianco a fianco con loro, ma non si fa influenzare da nessuno non segue alcun movimento né è stato influenzato dall’opera di nessun altro artista. E’ rimasto se stesso. Nato in un paesino sperduto della Russia, in una povera famiglia ebrea, non ha mai dimenticato la sua cultura, la sua religione. Le esperienze della sua infanzia gli sono rimaste dentro per sempre, lo hanno formato e ce le ha rimandate trasfigurate dalla sua pittura onirica che ha dato loro valore universale. Tornato nel '14 a Mosca si innamora e si sposa nel '15, vivendo in miseria, eppure felice con il grande amore della sua vita: Bella Rosenfeld. Nel 1916 fa la sua prima mostra a Berlino. Ha successo, ma poi il nazismo lo metterà al bando lui e le sue opere.
Tornato nel '20 a Mosca lavora, crea un’Accademia, ma è troppo fantasioso e ribelle per inserirsi realmente nel regime.
Nel ’23 è di nuovo in Francia e la sua vita di povertà finisce, anche se in Russia Chagall ha conosciuto comunque una grande felicità soprattutto nel suo matrimonio per il grande amore che lo ha legato  alla moglie, che ha caratterizzato la sua storia fino alla morte di lei, ed ha anche partecipato alla vita culturale del suo paese con qualche incarico ufficiale. Quando si trasferisce a Parigi con la Bella e la figlia  la fortuna gli arride: Vollard, il celebre mercante d’arte anche di Picasso, lo mette sotto contratto, ed ha una vita serena di intenso lavoro. Tra le opere una serie di acqueforti per le ‘Anime morte‘ di Gogol, quelle per le Favole di La Fontaine e per la Bibbia. Nel ’41 si trasferisce a New York, Parigi è in mano ai nazisti. Rientrerà alla fine della guerra e rimarrà per sempre in Francia, attivo e vitale fino alla morte nel 1985 a 98 anni. Nel 1946 il Museo of Modern Art di New York gli dedica una retrospettiva. Chagall ha 59 anni ed è dal suo ritorno in Francia nel ’23 che comunque la sua opera ha successo.
Chagal ha saputo trasformare il mondo della sua infanzia povera ma magica, la sua cultura, in un un racconto mitologico e fantastico, eppure pieno di storia e pieno di umani sentimenti, non ultimi l’amore e la speranza, ed i valori della fede che travalicano le singole religioni. E il colore forte, contrastante, ha anch’esso una funzione poetica di gioia o di dolore oltre il contenuto pittorico. Come i suoi suonatori di violino seduti sui tetti, le sue case capovolte, i suoi ebrei erranti, i suoi mazzi di fiori…
Chagall resta un unicum nella storia dell’arte. Lontano da ogni corrente o suo collega, ha raccontato tutta la vita una favola che parla della sua patria, influenzato dalle icone del suo paese, dalle vignette che si vendevano nei mercatini paesani, dai colori vivaci delle matrioske, dalla sua grande famiglia con lo zio che suonava il violino, dai riti del suo paese e della sua religione, persino rappresentando Cristo in croce vestito con il classico tessuto usato dagli ebrei. E dall’amore per Bella, fonte di poesia, bellezza, gioia e speranza
                                                                                Maresa