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domenica 12 maggio 2013

Helmut Newton, grande fotografo di moda e artista per caso


Il fotografo Helmut Newton, ebreo tedesco, nel ’36, a soli 16 anni, inizia a lavorare nell’atelier della fotografa di moda Yva (Elsa Simon). Nel ’38 lascia la Germania per le persecuzioni in atto. Newton muore nel 2004 per un incidente d’auto, dopo aver donato a una fondazione di Berlino il suo archivio fotografico.
E’ stato uno dei grandi fotografi di moda del ’900, ha lavorato per le maggiori riviste del settore, davanti al suo obiettivo hanno posato grandi dive dalla Gardner alla Deneuve, alla Naomi Campbel, alla Weaver, alla Foster…grandi personaggi dalla Thatcher a Helmut Kohl. nel 2006 vi è stata una grande mostra nel Palazzo Reale di Milano, curata dall’Assessorato alla Cultura in collaborazione con la moglie di Newton, June, sua modella e ispiratrice con il nome di Alice Springs. Protagoniste delle fotografie di Newton sono le donne, quasi sempre belle, nude, provocanti, alle volte quasi imbarazzanti se non ci fosse un filo di ironia che percorre questi scatti così “organizzati” e patinati anche quando rasentano l’osceno. Ma Newton fotografava di tutto, donne nude in tutte le pose e situazioni, e lo affascinavano il mare, calmo o burrascoso, e i paesaggi, anche quelli fuori delle finestre dei grandi alberghi in cui soggiorna a Venezia, Roma, Montecarlo, New York…Ma non credeva che ciò interessasse a qualcuno, cioè non credeva che qualcuno potesse considerarlo al di fuori del suo lavoro nella moda. Invece i suoi agenti, viste le immagini che aveva scattate per anni, vollero farne una mostra, anche se lui non pensava che un fotografo fosse un artista, e che lo fosse lui in particolare. Ma pubblico e critici la pensarono diversamente. E questo successo dura dagli anni Sessanta.
Le donne sono certo il motivo dominante delle immagini di Newton, e sono emancipate, senza vergogna del loro essere donna, nude e indifferenti a sguardi estranei. Certo che questi scatti abbiano provocato ‘scandalo’ per la crudezza del linguaggio tagliente, gli atteggiamenti esibizionisti delle donne davanti alla macchina fotografica che pure le ritraggono così intimamente, e quei tocchi sado-maso, costruiti, provocatori. Comunque immagini intriganti, piene di mistero, che alludono ad un mondo particolare, lussuoso, ma senza sorriso nonostante tutte le promesse di piacere di ogni tipo. Immagini ingrandite enormemente e montate su pannelli luminosi nel buio di sale rigorosamente rivestite di nero. Vi sono anche varie immagini a colore, ma certo le più belle sono quelle in bianco e nero: magnifiche quelle del mare.
Maresa Sottile

sabato 11 maggio 2013

La Floridiana: la villa , il parco e il museo


Napoli dalla sua nascita si è sviluppata lungo il mare, e la collina, che oggi è il Vomero, è rimasta per secoli campagna e boschi, tranne che dal medioevo per l'eremo di San Martino e Castel Sant'Elmo. Case coloniche qua e là che nel tempo formano piccoli borghi. Difficile anche i collegamenti con la città, forse per questo ancora oggi i vomeresi dicono “...giù Napoli” come si trattasse di un'altra città. Nel tempo i ricchi proprietari di quelle terre cominciarono a costruirsi delle dimore per trascorrervi l'estate, di cui oggi non resta che qualche frammento qua e là. Nel '700 e al Vomero nella bella stagione si vengono a fare scampagnate, tanto che un edificio che era stato luogo di preghiera di frati della provincia, poi donata ai frati di San Martino, viene trasformata in caffehaus, cioè in luogo di riposo e ristoro nel verde per i gitanti.
Napoli, per la sua bellezza, la sua storia, la sua cultura, era meta di stranieri e molti di loro vi si fermavano a lungo o addirittura per sempre, come testimoniano i tanti cognomi stranieri in città, incantati dalla bellezza dei luoghi. Fu così che il cavaliere De Cherveaux acquistò una delle masserie del Vomero e la trasformò in una bella villa che poi vendette all'odiato capo della polizia borbonica Saliceti che la comprò per donarla alla figlia, che andata sposa al principe Caracciolo di Torella, dopo poco morì. Il vedovo rivendette la villa a Ferdinando di Borbone. Questi era rientrato in città dall'esilio siciliano, durante il quale era rimasto vedovo di Maria Carolina e quasi subito sposato, con nozze morganatiche, Lucia Migliaccio Grifeo Partanna duchessa di Floridia. Non potendo vivere a corte la moglie abitava in un palazzo a Piazza dei Martiri, Palazzo Partanna appunto, ma il re voleva per lei una dimora adeguata. Acquistò inoltre la vicina caffehaus ed incaricò il massimo architetto del tempo Antonio Niccolini della ristrutturazione dei due edifici e dell'unione delle due proprietà divise da un vallone. Niccolini unì le proprietà con un ponte, ristrutturò le ville nello stile neoclassico in voga, curò la sistemazione del parco con l'allora direttore dell'Orto Botanico Denhart con 150 qualità di piante esotiche, finti ruderi, il Teatrino della Verzura, il Belvedere circolare, statue, gabbie per animali feroci donati dagli inglesi al re, fontane. L'architetto Niccolini era il più famoso architetto della città. Toscano, lavorò in quasi tutta Italia ma si fermò poi a Napoli dove costruì molte ville e lavorò anche al Teatro San Carlo. Bella e splendidamente inserita è la scalinata che dalla facciata verso il golfo, scende nel giardino con andamento curvilineo e fontane sui 'ballatoi' tra le rampe, l'edificio è lineare con le decorazioni architettoniche come lesene, capitelli e frontoni quasi 'disegnati' sui muri. Le superfici sono lineari e piane aperte verso la luce che le inonda.
La caffehaus, divenuta Villa Lucia, dove la duchessa risiedeva, in stile pompeiano, è oggi un condominio privato difficilmente visitabile, perché alla morte di Lucia fu ereditata dai suoi figli avuti dal precedente matrimonio e venduta a privati con più passaggi di mano.
La Floridiana, come fu chiamata la costruzione principale fu poi donata allo Stato. Il bellissimo parco ha perso gran parte delle sue caratteristiche, soprattutto per la vegetazione che occorreva di cure da giardinieri esperti di alto livello date le caratteristiche. Ora delle 150 specie di piante esotiche resta la solitaria testimonianza di una quasi bicentenaria araucauria.
A questa storia si intreccia quella del duca di Sangro, discendente del duca Sansevero della omonima famosa cappella, il quale sposatosi, evidentemente per amore, rimane vedovo dopo nemmeno un anno dalle nozze. Il duca per lenire il proprio dolore parte e va prima a Londra e poi a Parigi, città dove per distrarsi comincia a collezionare piccoli oggetti d'uso, ceramiche e porcellane. Rientrato a Napoli lascia la sua collezione ad un nipote che alla propria morte la dona alla città, avendola ulteriormente arricchita. Il problema fu dove collocarla e l'allora Ministro Gentile, siamo nel 1924, scelse la Floridiana. Nacque così il Museo delle Ceramiche Duca di Martina da un titolo dei donatori, uno dei più importanti del Paese per la dovizia e la qualità dei suoi reperti. E non disdice che, come quasi tutti i musei di questa città, si trovi in un luogo tra i più belli e panoramici, il che ne aumenta il fascino e il godimento.
                       Maresa Sottile






martedì 7 maggio 2013

Giuseppe Arcimboldo il surrealista del '500


Artista inquietante Giuseppe Arcimboldo (Milano1526-1593) con le sue Stagioni, i suoi Elementi, le sue Nature Morte che capovolte diventano ritratti. Inquietante e affascinante nelle sue misteriose e complesse simbologie. Milano mette in mostra queste opere precedute da una serie di suoi disegni oltre a due Autoritratti che dimostrano la splendida 'mano' disegnativa dell'artista; e da disegni e quadri del tempo: caricature di Leonardo, studi di Aurelio Luini, Ambrogio Figino, Girolamo della Porta, Francesco Melzi, Cesare de Sesto... e da una serie di lavori di altissimo artigianato: cristalli di rocca, tessuti, armi, sculture, vetrate, lavori di oreficeria, libri e codici miniati, che anticipando le opere dell'artista, danno un'idea della cultura e del mondo del tempo in una mostra strepitosa, davvero imperdibile e molto affollata.
Figlio d'arte, Arcimboldo, o Arcimboldi, ben inserito nel mondo milanese grazie al padre, fu artista di successo ma della sua produzione pittorica non resta molto, L'albero di Jesse (in riproduzione) del duomo di Monza realizzato con Giuseppe Meda (1530-1599) è una delle sue prime opere. Andato al servizio di Massimiliano II d'Austria, e poi del figlio Rodolfo II, visse e operò tra Vienna e Praga, dove Massimiliano trasferì la capitale dell'Impero, acquistando grande fama tanto che dovette replicare le sue Stagioni sicché fossero mandate in dono ad altri sovrani che le richiedevano. Realizzò per il sovrano la Wunderkammer (Stanza delle meraviglie, molto in voga in quei tempi), Le Stagioni e gli Elementi: Fuoco, Terra, Acqua, tutti realizzati con quelle inquietanti composizioni vegetali o di animali, vedi Mare, o di oggetti come il Libraio o il Fuoco, ed un ritratto di Rodolfo come Vertumno, dio etrusco dei cambiamenti, realizzato con vegetali. Volti aggrottati - solo la Primavera ha un aspetto meno arcigno realizzata com'è con fiori dal bianco al rosa-rosso – che stravolti dagli elementi che le compongono hanno un che di orrido e visionario, anticipando di quattro secoli il Surrealismo e, vere e proprie Nature Morte, ispireranno anche Caravaggio che da ragazzo visse a Milano dove l'Arcimboldo volle tornare dopo venticinque anni di assenza.

sabato 4 maggio 2013

Suor Orsola Benincasa Una cittadella nel cuore di Napoli


A mezza strada sulla collina che sale verso il Vomero c'è la cittadella universitaria di Suor Orsola Benincasa.
Orsola Benincasa era una bambina povera e malaticcia che si rifugiò nella preghiera, a 10 anni ebbe delle estasi e presto fama di guaritrice. Ciò la distoglieva dal suo mondo di preghiera, per cui cercò rifugio sulla collina che saliva verso Sant'Elmo per vivere da eremita.
Nel 1579 ebbe una visione che la spinse ad andare dal Papa Gregorio XIII per dirgli di avviare la riforma della Chiesa. Ascoltata dal Papa, esaminata per mesi da una Commissione sospettosa e scettica di cui faceva parte anche Filippo Neri, non si giunse a nulla.
Rilasciata rientrò a Napoli. Nel 1583 fondò la Congregazione delle Oblate della Immacolata Concezione, dedite all'educazione delle giovani. In seguito fu istituito anche quello delle Romite dedito alla clausura. Ciò perché la Chiesa ufficiale fece molta pressione sulla Benincasa in quanto non erano ben viste iniziative religiose che non fossero sotto il suo controllo, per di più ad opera di una donna.
Nel 1587 la duchessa Cornelia Pignatelli le donò dei terreni con delle costruzioni vicini al suo romitaggio. Suor Orsola morì nel 1618, venerata dal popolo. Dopo la peste del 1656, il vicerè spagnolo, fece costruire il grande complesso conventuale e Pio VI nel 1793 la dichiarò Venerabile.
Soppressi gli istituti religiosi e morte le ultime suore che lo occupavano nel 1891 il complesso divenne scuola gratuita sfuggendo, grazie ad Emilio Beneventani che lo diresse fino alla morte (1887), all'incameramento dei beni degli ordini religiosi da parte del nuovo stato italiano. Nel 1895 fu istituito il Magistero retto dall'Istituto Universitario. Adelaide del Balzo Pignatelli principessa Strongoli ne fu ispettrice onoraria e dal 1901 amministratrice. Il suo grande impegno pedagogico, condiviso con Antonietta Pagliara, lo portò ad essere un istituto di alto livello.
Con la collezione di oggetti, quadri, mobili che la Pagliara lasciò all'Istituto è stato creato un museo con sede nel Romitorio.
Maria Algranati in Tavola calda, da poco edito da Albatros, descrive magistralmente l'Istituto all'inizio del '900.
Il sito conventuale, oggi universitario, ha una superficie di 33.000 mq. con otto edifici di cui due chiese, chiostri e giardini. Tutta la struttura è piuttosto disordinata perché costruita in più tempi. Un alto muro divide il complesso dal mondo caotico che scorre ai suoi piedi, ma egualmente da vari luoghi si può ammirare il golfo e parte della città. Incantevole il grande chiosco, il giardino dei quattro continenti con le sue piante caratteristiche ed anche rare. Affascinanti i lunghi e vasti corridoi voltati dalle mura profonde. Molto bella la chiesa dell'Immacolata fondata da Orsola nel 1580. I restauri sono stati realizzati dai professori e allievi dei corsi dei Beni Culturali.
Oggi questo Ateneo ha tre Facoltà: Scienza della Formazione, Lettere, Giurisprudenza; offre sette corsi di laurea breve: scienze dell'Educazione, del Servizio Sociale, della Comunicazione, Conservazione dei Beni Culturali, Turismo per i Beni Culturali, Diagnostica e Restauro, Lingue e Culture Moderne; nove di lauree specialistiche: da Scienze Pedagogiche a Comunicazione istituzionale e d'impresa, ad Archeologia, a Scienze dello Spettacolo e produzione multimediale... e corsi di specializzazione con una ricca risposta alle esigenze delle richieste nel campo della formazione.
Inoltre offre alla città una intensa attività culturale con conferenze, incontri con autori e così via.
Questa cittadella nella città, ricca di storia e di memorie, ha saputo coniugare il passato alle più moderne esigenze, in un polo di eccellenza della città.
                                                                           Maresa Sottile