Napoli dalla sua nascita si è sviluppata lungo il mare, e la collina, che oggi è il Vomero, è rimasta per secoli campagna e boschi, tranne che dal medioevo per l'eremo di San Martino e Castel Sant'Elmo. Case coloniche qua e là che nel tempo formano piccoli borghi. Difficile anche i collegamenti con la città, forse per questo ancora oggi i vomeresi dicono “...giù Napoli” come si trattasse di un'altra città. Nel tempo i ricchi proprietari di quelle terre cominciarono a costruirsi delle dimore per trascorrervi l'estate, di cui oggi non resta che qualche frammento qua e là. Nel '700 e al Vomero nella bella stagione si vengono a fare scampagnate, tanto che un edificio che era stato luogo di preghiera di frati della provincia, poi donata ai frati di San Martino, viene trasformata in caffehaus, cioè in luogo di riposo e ristoro nel verde per i gitanti.
Napoli, per la sua bellezza, la sua storia, la sua cultura, era meta di stranieri e molti di loro vi si fermavano a lungo o addirittura per sempre, come testimoniano i tanti cognomi stranieri in città, incantati dalla bellezza dei luoghi. Fu così che il cavaliere De Cherveaux acquistò una delle masserie del Vomero e la trasformò in una bella villa che poi vendette all'odiato capo della polizia borbonica Saliceti che la comprò per donarla alla figlia, che andata sposa al principe Caracciolo di Torella, dopo poco morì. Il vedovo rivendette la villa a Ferdinando di Borbone. Questi era rientrato in città dall'esilio siciliano, durante il quale era rimasto vedovo di Maria Carolina e quasi subito sposato, con nozze morganatiche, Lucia Migliaccio Grifeo Partanna duchessa di Floridia. Non potendo vivere a corte la moglie abitava in un palazzo a Piazza dei Martiri, Palazzo Partanna appunto, ma il re voleva per lei una dimora adeguata. Acquistò inoltre la vicina caffehaus ed incaricò il massimo architetto del tempo Antonio Niccolini della ristrutturazione dei due edifici e dell'unione delle due proprietà divise da un vallone. Niccolini unì le proprietà con un ponte, ristrutturò le ville nello stile neoclassico in voga, curò la sistemazione del parco con l'allora direttore dell'Orto Botanico Denhart con 150 qualità di piante esotiche, finti ruderi, il Teatrino della Verzura, il Belvedere circolare, statue, gabbie per animali feroci donati dagli inglesi al re, fontane. L'architetto Niccolini era il più famoso architetto della città. Toscano, lavorò in quasi tutta Italia ma si fermò poi a Napoli dove costruì molte ville e lavorò anche al Teatro San Carlo. Bella e splendidamente inserita è la scalinata che dalla facciata verso il golfo, scende nel giardino con andamento curvilineo e fontane sui 'ballatoi' tra le rampe, l'edificio è lineare con le decorazioni architettoniche come lesene, capitelli e frontoni quasi 'disegnati' sui muri. Le superfici sono lineari e piane aperte verso la luce che le inonda.
La caffehaus, divenuta Villa Lucia, dove la duchessa risiedeva, in stile pompeiano, è oggi un condominio privato difficilmente visitabile, perché alla morte di Lucia fu ereditata dai suoi figli avuti dal precedente matrimonio e venduta a privati con più passaggi di mano.
La Floridiana, come fu chiamata la costruzione principale fu poi donata allo Stato. Il bellissimo parco ha perso gran parte delle sue caratteristiche, soprattutto per la vegetazione che occorreva di cure da giardinieri esperti di alto livello date le caratteristiche. Ora delle 150 specie di piante esotiche resta la solitaria testimonianza di una quasi bicentenaria araucauria.
A questa storia si intreccia quella del duca di Sangro, discendente del duca Sansevero della omonima famosa cappella, il quale sposatosi, evidentemente per amore, rimane vedovo dopo nemmeno un anno dalle nozze. Il duca per lenire il proprio dolore parte e va prima a Londra e poi a Parigi, città dove per distrarsi comincia a collezionare piccoli oggetti d'uso, ceramiche e porcellane. Rientrato a Napoli lascia la sua collezione ad un nipote che alla propria morte la dona alla città, avendola ulteriormente arricchita. Il problema fu dove collocarla e l'allora Ministro Gentile, siamo nel 1924, scelse la Floridiana. Nacque così il Museo delle Ceramiche Duca di Martina da un titolo dei donatori, uno dei più importanti del Paese per la dovizia e la qualità dei suoi reperti. E non disdice che, come quasi tutti i musei di questa città, si trovi in un luogo tra i più belli e panoramici, il che ne aumenta il fascino e il godimento.
Maresa Sottile
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