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martedì 18 agosto 2015

Esther Inglis Kello

Quando ho iniziato a fare ricerche sulle donne artiste del passato sono entrata in un territorio nuovo in cui la condizione della Donna nel tempo si è palesata in tutta la sua ingiustizia. Le donne artiste ci sono sempre, dico sempre, state, il punto è che, anche quando apprezzate e famose in vita, sono state dimenticate. Solo da pochi decenni gli storici e i critici dell'arte hanno iniziato ad interessarsi a loro. Ma non è solo la dimenticanza nemica delle donne. Mi sono chiesta perché tra le donne non vi siano state artiste del livello di Michelangelo o Leonardo. Credo che anche questo sia dipeso dalla visione maschile del mondo. Le donne non potevano studiare come un uomo, c'erano argomenti a loro proibiti. Certo non potevano studiare il corpo umano e non potevano rappresentare argomenti lontani dal mondo femminile. Molte dipinsero soprattutto autoritratti e ritratti perché era ciò che 'potevano' ritrarre. Non potevano salire sui ponteggi per affrescare, (anche se qualcuna l'ha fatto) quindi era sempre uno spazio ridotto sul quale poter dipingere i pochi elementi per loro trattabili. Spesso quando avevano successo venivano 'eliminate' con matrimoni o monacazioni. Anche se molte riuscirono egualmente a lavorare e a raggiungere successi anche economici. Certo per riuscire una donna deve far molto meglio di un uomo. E sono tanti i casi di donne sin dall'arte greca che pare guadagnassero anche più dei colleghi di sesso maschile. Ma a volte non potevano nemmeno incassare i propri guadagni, come la Anguissola: fu sempre il padre a ricevere i guadagni della figlia che il re di Spagna gli inviava, tanto che lo stesso la dotò lui per farla sposare. Insomma anche da questi brevi e pochi cenni si evince che la vita delle artiste non fu delle più semplici fino ai nostri tempi. Naturalmente ci sono le eccezioni, le 'fortunate' stimate pur essendo donne e lasciate libere di esprimersi da padri o mariti, che le stimavano molto. Gli esempi non mancano. Gli uomini intelligenti e sensibili ci sono stati in tutte le epoche. Uno di questi casi è quello di Esther Inglis (traduzione del cognome francese Langlois) sposata poi con un pastore scozzese: Bartolomew Kello, cognome che aggiunse talvolta al proprio per firmarsi. Cresciuta in un ambiente colto, il padre era insegnante e la madre una brava calligrafa, dimostrò grande attitudine nella calligrafia, ai tempi una vera arte, nella decorazione e nella fantasia, oltre ad essere una donna molto colta. La famiglia Langlois era fuggita da Dieppe in Francia dopo la strage degli Ugonotti. Invero non è certo se Esther sia nata in Francia o a Londra. La famiglia restò per vari anni a Londra, ma in realtà non vi ci si doveva trovare bene, perché riuscì a trasferirsi ad Edimburgo definitivamente. Di lei sappiamo che fu istitutrice del figlio del re, che lei e il marito furono inviati 'in prestito' alla corte di Elisabetta, per poi tornare dopo vari anni ad Edimburgo. Ciò che riguarda la sua vita l'ho raccontato nel romanzo “Malefizio d'amore” della Albatros Edizioni, acquistabile dalla casa editrice in rete. Ma la cosa importante non è la sua vita privata, per quanto piuttosto interessante, ma il suo lavoro. Bisogna dire che la Inglis non vendeva i suoi libri, ma li donava a ricchi e importanti personaggi per farseli amici e averne favori. Le sue opere entrarono quindi nelle case di ricchi e importanti personaggi della nobiltà ad iniziare da Giacomo VI ed Elisabetta I. I libri della Inglis sono molto belli, ben fatti ed hanno caratteristiche particolari. Sono ornati con disegni di fiori e a volte l'autrice ha inserito un suo autoritratto nella decorazione, sono precisi e così ben fatti da apparire stampati. Hanno inoltre la particolarità di essere molto piccoli, si parla di centimetri, e per le lettere millimetri, ed hanno delle copertine splendide da lei stessa ricamate (e ovviamente disegnate). Ciò faceva dei suoi libri una vera rarità, e tutta la nobiltà era desiderosa di possederli. Era, quindi, una donna di successo, stimata e ammirata, coadiuvata da un padre ed un marito che ne riconoscevano le grandi capacità artistiche, sia di fantasia sia di capacità manuali, e che ne promuovevano il lavoro. Inoltre la recente invenzione della stampa rendeva i libri scritti a mano oggetti del desiderio di ricchi e colti collezionisti. E la Inglis scriveva delle poesie dedicate al destinatario del dono, quindi personalizzava ancor più la sua opera. I calligrafi hanno creato opere splendide sin dall'Alto Medioevo. E' la loro opera che costituisce l'Arte di quel periodo. Calligrafi ed orafi sono i protagonisti artistici del tempo. E le loro opere sono parte del patrimonio artistico di ogni paese. La Inglis non si arricchì di certo nonostante tutti ammirassero e volessero i suoi libri. Inoltre forse non le giovò il matrimonio con un uomo dal nome segnato da una torbida tragedia. Si sa che quando morì era piena di debiti. Naturalmente fu dimenticata per tre secoli. All'inizio del '900 un'americana, Doroty Judd, durante un viaggio in Inghilterra la scoprì e scrisse un libro (introvabile) su di lei, ma fu poi un antiquario, David Laing, che la riscoprì ritrovando anche parte dei suoi libri, A. H Scott-Elliot e Elspeth Yeo fecero l'elenco definitivo dei manoscritti superstiti, che ora sono nei musei e biblioteche di tutto il mondo a cominciare da Londra ed Edimburgo. Sulla copertina del mio libro ho messo il ritratto della Inglis che è nel Museo dei Ritratti di Edimburgo. Che le sia stato fatto un ritratto significa che davvero Esther Inglis fosse, ai suoi tempi, un personaggio di spicco della società di Edimburgo. Quel ritratto lo deve ai suoi meriti artistici e non certo per il suo censo borghese neanche economicamente di rilievo. Voglio concludere dicendo che da quando ho incontrato la Inglis sulla mia strada, quattro anni fa, le notizie in Internet su di lei si sono moltiplicate, anche se quasi esclusivamente in inglese, a riprova dell'interesse crescente per il lavoro delle donne nel mondo dell'arte. Da noi non ho trovato che un libro in inglese, già consultato via Internet.
            Maresa Sottile

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