Colloquio con mia madre
“Ero certa” dico e non aggiungo ‘che saresti venuta’, non ce n’è bisogno. E non dico nemmeno ‘mamma’, non siamo più madre e figlia se mai lo fummo, io specialmente per lei, io, l’anatroccolo della sua meraviglia. Ero certa, la sentivo, la sognavo la notte nella nostra vita di un tempo, la migliore, quella della sua gioventù, quando ancora la sua sorte di madre di un solo non l’aveva trasformata in nemica e la sua predilezione non ci aveva abolite. E’ qui, certamente, anche se non la vedono gli occhi della fronte, altri occhi percepiscono quel suo sorriso amaro, tra di rassegnazione alla disfatta e di constatazione dell’ingiustizia della vita. Il nostro colloquio è più d’intesa che di parole, perché io parlo con un’ombra ed ho l’esatta percezione di ciò che sia uno spirito.
‘Anche se è stato necessario per me dire tutto quello che c’era da dire, credi pure che non solo tutto il torbido si è depositato, ma che non mancano né le attenuanti per te, né i rimorsi per me, siamo di fronte, limpide, io penso, come acque chiare. Io misuro quanto sei stata infelice con la tua anima tragica. Ma questa tragedia è insita in noi, nel nostro sangue, in tutta la storia che è il destino della nostra gente e io discendo da te oltre che dai tuoi insegnamenti, i tuoi componenti li riconosco in me stessa, anche se qualcosa che mi ha veramente formata viene direttamente da altro di immanente e che era fondamentalmente mio.’
Ho l’impressione che si illumini.
‘Anche io non sono stata fortunata e nessuno lo sa meglio di te. Ma non affliggerti, la sfortuna non è l’infelicità e posso dire che sono stata veramente felice, la mia felicità non è dipesa dagli altri, era in me e nessuno me l’ha potuta strappare. Ricordi come dicevi? Dicevi: ‘se torno a nascere’. Forse veramente torniamo a nascere e penso che sarebbe fatale per me essere ancora sempre quella che sono stata. Tuttavia un certo ardore mi ha purificata e resa più flessibile come il ferro nel fuoco. Troppo tardi, lo so. Anche in questo sei entrata tu, inconsapevolmente, con la tua cultura, l’impegno per la nostra educazione, le letture che ci hai permesso (ricordi Ben Hur, Renan), con la grande scuola che hai scelto per noi. E i nostri discorsi liberi dopo le letture? Credevi di persuaderci e invece hai aperto lo spiraglio alla curiosità che ha permesso il mio vagabondaggio. Sai, uscire dal recinto è un’escursione meravigliosa, come se di notte nel silenzio si fosse spinto un cancello…purtroppo ha cigolato! Ma fuori, il mondo, mamma, quanto è grande! E si viaggia e si ritorna con il bottino. Ma si ritorna. E di nuovo, purtroppo, quel benedetto cancello, aperto quel tanto per lasciarti passare.’
Lei sorride, come sorrideva delle mie trovate, ma so che è contenta.
‘Puoi dirmi’ le dico in un soffio ‘se ci rivedremo?’
Forse è la luce dell’alba che la cancella e non so se ha risposto.
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