Maria Algranati e Francesco Gaeta
Maresa Sottile
Rettifica e commenta un libro
Pieno di inesattezze molto sgradevoli
Tempo fa lessi in rete un articolo sul Corriere Adriatico nel quale qualcosa mi infastidì molto. Il Corriere Adriatico (15-4-2011) riprendeva delle notizie da un libro, inesatte e quasi offensive nei confronti di mia nonna, Maria Algranati. Scrissi una lettera di protesta e molto gentilmente il Direttore pubblicò la lettera e nella risposta, nella quale si scusava, diceva di aver preso quelle notizie dal libro Il conte di Montecristo di Miccinelli-Animato Ed. Mediterranee (1991?). Feci qualche ricerca sugli autori su internet, ma poi in quel periodo per gravi problemi personali accantonai la cosa.
Ora ho trovato le pagine del libro che parlano di Maria Algranati e ho potuto leggerle. Purtroppo è passato molto tempo dalla loro pubblicazione e non posso fare più nulla tranne che correggere e protestare e lo faccio. Davvero mi chiedo perché chi fa un certo tipo di lavoro non si documenti bene e mi chiedo perché questi autori si siano rivolti solo alla nipote di Francesco Gaeta e non anche alla nipote di Maria Algranati, cioè a me. Hanno trovato lei potevano trovare anche me. Tanto per cominciare avrebbero evitato di dire che Gaeta incontrò mia nonna a casa Galante. (pag 30) Francesco Galante e la moglie erano i migliori amici di mia nonna, ma fu in casa di Benedetto Croce che Maria Algranati e Francesco Gaeta si conobbero. Mia nonna era amica della famiglia del filosofo Croce e la stessa donna Adele quando Gaeta cominciò a corteggiarla non ne fu contenta per mia nonna, naturalmente, e neanche Alda Croce amava molto il poeta, me lo disse durante una delle molte, tante visite che le ho fatto, inoltre si chiedeva cosa avesse trovato in lui, lei così affascinante e straordinaria, parole sue.
Maria Algranati non ha mai insegnato 'lavori domestici' presso l'istituto Ruggero Bonghi, (nota 9 di pag 30 del Conte di Montecristo) ma invece risulta dagli atti che fu direttrice artistica presso l'Istituto Mondragone, oggi Fondazione e Museo, all'epoca presieduto da Adele Croce, e vi lavorò per 12 anni e scrisse anche un libro: Storia dell'arte del ricamo edito da Le Monnier nel 1931. Inesattezze che denotano poca attenzione quando si fa un lavoro basato su ricerche di fatti veri, non di raccontini.
A pag. 23 del suddetto libro gli autori raccontano della secretazione che mia nonna fece sulla corrispondenza con il Gaeta, che le sorelle del poeta avevano venduto a sua insaputa alla Biblioteca Nazionale di Napoli. Già vendere quelle lettere, quando oltretutto uno dei due protagonisti era ancora vivo, lo trovo, come dire, un po' indelicato. (Il nonno di mio marito, nipote di Francesco Mastriani, ha donate le carte Mastriani alla Biblioteca di Napoli. Ma in esse non vi è nulla che possa disturbare qualcuno. Ma ognuno la vede a modo proprio ed agisce di conseguenza.) Comunque tornando alla pag. 23 gli autori scrivono: ”Domanda logica: se l'Algranati non intendeva pubblicizzare il suo sentimento, perché non bruciò la corrispondenza?” Grande logica! Ma se le lettere Gaeta non le aveva restituite e le sorelle sappiamo che le vendettero, Maria Algranati che doveva fare? Sì, perchè Francesco Gaeta non le rese quelle lettere d'amore a Maria. E anche questo non mi appare un bel gesto, ma si tratta di opinioni personali. Il testo continua: ”Considerando per di più che nel 1978 contava 90 anni? Qualcuno parla di pudore, altri di arterio sclerosi.” (Aterosclerosi sarebbe il termine più esatto). Veramente nel '78, anno in cui morì, ne aveva quasi 93, e questo denota che stanno parlando di qualcuno su cui non hanno realmente fatto ricerche. In realtà pur avendo quell'età Maria Algranati, come capita spesso a coloro i quali tutta la vita hanno esercitato il cervello studiando, scrivendo, pensando, era molto in gamba e viveva sola perfettamente in grado di gestirsi, assolutamente senza tracce di 'arterio sclerosi'. Il testo continua: “Di certo l'ebrea - donna colta e intelligente, dicono – all'occasione mostrò calcolo, una scarsa capacità analitica. Non ipotizzò che molte altre lettere si trovassero presso qualche discendente del compagno.” Questa frase è davvero pessima incominciando da 'l'ebrea' parola scritta in un contesto nel quale ha una chiara connotazione offensiva, insultante. Che Maria Algranati fosse ebrea è un fatto reale, ma detto così ha un chiaro significato dispregiativo e irrimediabilmente razzista. Tra l'altro Maria, anche spinta dal Croce si convertì, ma la razza è razza, ovviamente. Come anche quel 'dicono'. E vorrei capire quale 'calcolo' dimostrò ed a proposito di che. Non è molto chiaro o forse anche io sono aterosclerotica. “Infatti la professoressa Pina Savarese ne possiede un centinaio. Ed alcune di esse risultano di somma utilità al nostro studio...”
Ritornando alla pagina 30: “Le lettere di Maria pulsano di passione, di richieste di… doni non disgiunte da una certa ingerenza negli studi del Gaeta.” Chiariamo subito che Gaeta, pur provenendo da una famiglia borghese aveva 'tagliato' i ponti con parte di essa, e non possedeva una lira, non aveva neanche di che mangiare a volte se non provvedeva la madre. Non credo proprio poi che Maria Algranati chiedesse doni, 1) perché sapeva che lui non aveva denaro, 2) perché non era nel suo carattere. Mi chiedo perché gli autori siano così malevoli quando parlano di lei. La denigrano tanto per denigrarla e non se ne capisce il motivo, anche perché è dimostrato che di lei sanno poco. Per quel che riguarda ”una certa ingerenza negli studi di Gaeta.” che significa? L'ingerenza è l'intromissione abusiva di qualcuno in qualcosa o con qualcuno, presumibilmente per cambiare le cose a proprio vantaggio. Allora? Oltretutto la Algranati e Gaeta parlavano di tutto, leggevano insieme Baudelaire, avevano interessi comuni e che lei possa essere andata a curiosare nelle sue carte di studio è una cosa davvero naturale, non parliamo di una donnetta, ma di una poetessa colta e raffinata. Non vedo né l'indiscrezione né l'interesse, ma di che genere di interesse stiamo parlando? Erano così diversi come persone e come artisti che davvero non vedo altro. Che poi lei nel seguito della lettera gli dica di aver sbirciato le carte dell' 'Hortolus' e gliene chieda scusa, spiegandogli che lo ha fatto per un proprio appagamento culturale, mi pare una cosa molto carina, educata e dimostrazione di sincerità.
Maria Algranati era affascinata molto dalla testa di Gaeta, dalla sua cultura, lo ammirava per questo e quando erano insieme parlavano molto di poesia, religione e cose del genere. D'altra parte la modesta prestanza fisica ed il difficile carattere di Gaeta potevano essere superati solo per il fascino della sua mente. Altra chicca è la raccomandazione che Maria chiede a Francesco per “ ...il Provveditore Massimo...” La cosa detta così non è molto chiara, anche perché Maria Algranati ebbe da ben altri personaggi raccomandazioni, il primo fra tutti fu Croce, e Gentile, Ojetti... in realtà erano presentazioni non raccomandazioni. Gaeta non aveva alcun potere oltre quello culturale e fu Maria Algranati, su sua richiesta, ad andare dal Croce perché gli trovasse un posto fisso che lo mettesse al riparo dal bisogno quotidiano e lo facesse continuare a lavorare ai suoi studi e scritti. Pur stimandolo Groce disse di no: non ne aveva i titoli. Non era infatti laureato, Maria invece si, infatti ha poi insegnato alle superiori francese. Poi cercò di lavorare per il futuro suocero, cioè il mio bisnonno, dato che voleva sposare Maria ed andò a presentarsi in casa. Ma non era adatto al lavoro che gli veniva offerto...
A pag 31 infine sempre del suddetto testo “La seconda missiva dell'Algranati contiene il “Testamento del suicida”: è del '21. Quale macabro gusto, se realmente Gaeta avesse maturato fin da allora propositi suicidi! Si potrebbe giustificare (per cosa?) la donna, ove si consideri l'estinzione dell'amore da parte di Francesco dimostrato con simili invettive : 'Se non la smetti con la tua insolenza e petulanza avverrà quanto segue: 1) L'avventura dell'oscena Gina (sorella di Maria (n.d.a.) sarà data in pasto ai nemici politici del disonorevole. 2) Sarai resa celebre in un interessante lavoro intitolato “Una famiglia ebrea”. 3) La maledizione di Dio cadrà (omissis).
A questo punto mi cadono le braccia. 1) è definitivamente chiaro che gli autori vogliono proprio infangare la figura della defunta poetessa Maria Algranati. E questo perché riportano stralci di lettere senza alcuna ragione né importanza per il loro testo continuando a fare commenti ed insinuazioni sgradevoli contro di lei. Visto che hanno potuto visionare ben 100 lettere nelle mani della nipote di Gaeta è possibile che solo queste frasi insultanti li abbiano interessati, ed a che pro per il loro testo? 2)Secondo me non rendono un buon servizio neanche a Francesco Gaeta, perché un uomo che scrive simili cose alla donna che ha amato e che lo ha lasciato, perché fu Maria a lasciarlo per le sue continue scenate di gelosia, per la sua possessività, e perché maledisse la sorella di Maria, morta di parto ad Ischia, essendo la sua amata andata col padre da lei. In Gaeta deflagra la disperazione-odio per questo presunto abbandono e bisognerebbe leggere la lettera che ha avuto da Maria per capirci qualcosa di più e non estrapolarne qualche frase ad effetto. 3) Il disonore “dell'oscena Gina”, famosa studiosa, donna coltissima, storica, amica di tutta l'intelligentia italiana del tempo, e non una squallida donnetta peccatrice, come vorrebbero farci credere gli autori, sono fatti che non interessano né agli autori né ai loro lettori, sono privati e niente affatto osceni checche ne scriva Gaeta. Comunque riferirò anche ai suoi eredi di tutta la faccenda. Sul Gaeta a questo punto non esprimo giudizi per rispetto ai suoi discendenti ed anche perché chi legge realizza da sé.
Inoltre, a parte il fatto che il libro minacciato non l'ha scritto perché non poteva, era stato accolto gentilmente e affettuosamente in casa Algranati anche se il mio saggio bisnonno aveva subito capito che non era certo un buon partito per la figlia, visto il fatto che alla sua età non aveva un lavoro e non sapeva far nulla. Quanto alla maledizione finale davvero gli autori hanno fatto un cattivo servizio a Gaeta riportandola. Non credo che sia una cosa che ne illumini la memoria. Quindi forse gli autori ce l'hanno anche con lui o volevano soltanto qualcosa di piccante che attirasse il pubblico e se la sono presa con tutti, chi coglie coglie.
Gli autori potrebbero leggere “Tavola Calda” per chiarirsi un po' le idee su Maria Algranati e anche su Gaeta, ed acculturarsi un po' meglio su questa storia. E forse anche in generale!
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