Gianni Pisani è uno di quegli artisti che nel panorama dell'arte ha un posto a sé. La sua opera è un discorso personalissimo, di grande impatto visivo ed emotivo.
Durante una fortunata carriera artistica iniziata da giovanissimo, ricca di soddisfazioni, nella quale ha avuto molti riconoscimenti: ha insegnato a Brera, ha diretto l'Accademia di Belle Arti di Napoli per 14 anni, organizzando mostre in città di grandi artisti da O. Dix a Man Ray a Duchamp, a Capogrossi, Pistoletto...., partecipato a mostre in tutto il mondo, sala alla Biennale di Venezia, vinto premi e i più importanti critici e storici dell'arte (G. Dorfles, C. Argan, R. Causa, L. Vergine, E. Sanguineti, A. Bonito Oliva, E. Evtusenko, N. Spinosa, F. Bologna e tanti tanti altri non meno importanti), hanno studiato e apprezzato il suo lavoro, Pisani ha portato avanti la sua vocazione, senza mai fermarsi, perché lui vive per dipingere, e credo che non abbia mai avuto una crisi creativa.
Pisani ha perseguito la vocazione artistica come qualcuno che alla base non può farne a meno e non può fare altro. Infatti parla della sua attitudine (o talento) come di un “difetto”, rifacendosi ad un problema avuto da ragazzo che mise in evidenza un difetto congenito al cuore, che però non gli avrebbe creato alcun problema, come diagnosticò il famoso cardiologo Dogliotti.
Questo suo “difetto” fu l'ispiratore del suo “Letto disfatto”, oggi esposto al Museo di Capodimonte, dando inizio al periodo 'oggettuale' in cui usò metallo e plastica.
Ma dopo periodi fra pop arte e oggettualità, nei quali fece anche molto parlare di sé, è ritornato al suo grande amore: la pittura. Pisani è un narratore: di fatti, emozioni, paure, rabbie, fobie, gioie. Invece delle parole usa forme e colori, soprattutto colori. Una pittura che Gillo Dorfles ha definito espressionista e surreale. Credo che sia la definizione più centrata della pittura di Pisani. Pisani è napoletano ed il suo colore è sovente vivace, solare, ma ha anche un lato drammatico, per lo più arrabbiato, spesso furioso, e allora il suo colore diviene buio, cupo, senza speranza, da horror.
Pisani parla della sua vita, delle sue esperienze, della sua infanzia, del suo primo dolore e della sua ultima disillusione, di ciò che ama e di ciò che aborre. Ha molto amato sua madre e ne ha parlato quando ha dipinto la Madonna della Sanità, in questa chiesa appunto, opera nella quale ha messo anche uno dei suoi amati gatti. Ne ha tre di gatti e spesso compaiono nelle sue opere. Ha raccontato di suo figlio, di sua moglie con una serie di tele ispirate a lei: Marianna. Ama suo padre (ha dedicato anche a lui una serie ed un libro), la sua città, il mare, gli uccelli, Capri, e sono tutti nelle sue opere. Odia chi tradisce l'amicizia, odia chi non ama l'arte, odia chi tradisce la propria vocazione per venalità, e allora si incupisce, diventa polemico, anche violento nelle sue immagini. Il suo racconto non può esaurirsi in un'opera, ha bisogno di riempire tele e tele, perché sono argomenti che non si possono concludere con un discorsetto. La sua pittura, nel racconto dei suoi sentimenti, sensazioni, accadimenti riempie tele a volte enormi, altre piccole, e urla, altre narra pacatamente, altre è delicatamente lirica.
Ampie campiture di colore, immagini informalmente-realistiche o realisticamente-informali, traversate da scritte, alle volte anche lunghe che si articolano per tutta l'opera diventandone elemento pittorico oltre che narrativo. Opere che hanno un imprinting inconfondibile, un linguaggio unico, eppure non statico o ripetitivo, un 'Pisani' lo si riconosce subito, dote che hanno le opere dei veri artisti. E che Gianni Pisani lo sia è incontrovertibile.
Man mano che scrivo questo pezzo mi rendo conto che non si può esaurire in poco più di una paginetta l'opera di un artista, meno che mai di un artista con un talento così ricco anche di sfumature ed curriculum così variegato e complesso come quello di Pisani. Ma su un blog non ci si può dilungare troppo, al lettore cala l'attenzione se il pezzo è troppo lungo, anche perché leggere sul pc è più faticoso che leggere la carta stampata. Magari un'altra volta ne riparlerò.
Maresa Sottile
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