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sabato 28 maggio 2011

Donne pittrici
Naturalmente nomi di donne che hanno operato in ogni campo nei secoli ne sono rimasti, ed anche tanti. Grande personaggio di alta cultura e pensiero fu, ad Alessandria d'Egitto, Ipatia (370-415) filosofa e matematica ma personaggio ad un certo punto scomodo, quindi eliminato brutalmente da integralisti cristiani e dimenticato, anche perché probabilmente distrutta ogni sua opera, e riportato agli onori della cronaca da un bel film molto discusso. Qualsiasi sia la verità resta certamente un simbolo delle donne che avendo un valore intrinseco risultavano scomode, quindi osteggiate, riposte nel dimenticatoio. Ho fatto questo esempio perché la sua storia terribile riassume in sé la storia delle donne di valore e pensiero. Pensiamo anche a Giovanna d'Arco, personaggio universalmente molto più conosciuto, messa al rogo da un mondo di uomini che in fatto di incomprensione e crudeltà sono sempre stati campioni. Che siano gli uomini ad eliminare le donne è indiscutibile. Anche oggi.
Anche nella chiesa ci sono esempi di grandi donne che la Chiesa non poteva oscurare, donne poi santificate che hanno manifestato un pensiero di alto livello.
Altre donne nel passato sono assurte a posti nella storia, nell'arte, nella politica, ma purtroppo di loro non si parla quanto degli uomini. Certo ormai in molti conoscono il nome di Vittoria Colonna o di Artemisia Gentileschi, ma sono le eccezioni che confermano la regola, anche perché la vita di Artemisia, ad esempio, fu 'scandalosa' e ciò, soprattutto oggi, fa notizia e poco importa se Artemisia superasse con la sua arte il padre che resta un mediocre artista, e Vittoria Colonna ha comunque il suo nome legato a quello di Michelangelo e inoltre apparteneva alla cerchia dei potenti dove le donne avevano indubbiamente un po' più di autonomia e possibilità: ad esempio di studiare, leggere, sapere, e si poteva anche sopportare qualche donna che si distinguesse.
Piccoli esempi noti a tutti o alla maggior parte delle persone, in realtà in ogni campo, nonostante le difficoltà, le donne si sono distinte. Il punto è che queste donne poi vengono avvolte dalla dimenticanza, ma ancora più grave è il fatto che solitamente vengano osteggiate, tacitate. I libri quasi mai riportano i loro nomi, levati i pochi casi eclatanti di cui non si può proprio tacere.
Nelle arti figurative già dall'antica Grecia ci sono esempi di artiste, anche stimate ai loro tempi ma poi svanite nel nulla.
Già Plinio nella sua Storia Naturale nomina artiste greche e romane, ma certo lo spazio a loro dedicato è molto inferiore a quello dedicato agli uomini. Eppure tra le righe si capisce che alcune ebbero vera fama ai propri tempi.
Le notizie più antiche di donne artiste nel campo delle arti figurative risalgono alla Storia Naturale di Plinio a cui si rifà nel 1795 P. M. Guglielmo della Valle, Minore Conventuale, nelle 'Vite dei pittori antichi greci e latini' del 1795.
Il primo nome che troviamo è quello di Timarete figlia del pittore Micone, della quale si ricorda un'immagine di Diana, la più antica ritrovata in Efeso.
Abbiamo poi la figlia del pittore Cratino (o Cratero o Crateno) Irene di cui sappiamo abbia dipinto una fanciulla nel tempio di Eleusino. Calipso dipinse Teodoro vecchio e delle fattucchiere. Aristarete, cretese, figlia e allieva di Nearco vasaio e pittore vasaio; Elena figlia di Timone egizio, autrice di una battaglia che meritò di ornare il Tempio della Pace in esso collocato per volere di Vespasiano. Di Alcisteme resta la pittura di un danzatore. Infine Olimpiade di cui non si comprende se fu allieva o maestra di Aurobolo, del quale però fu allieva Olimpia. E poi Anassandra. Nel mito sull'invenzione dell'arte è una donna, Corinzia, che per prima tracciò su un muro il profilo del proprio innamorato che si allontanava.
Certo le notizie sono poche e scarne, ma bisogna considerare che della pittura greca resta un nulla ed anche dei pittori uomini si sa piuttosto poco, e invece da considerare che se di queste artiste è rimasta traccia dovevano essere note e soprattutto meritare tale notorietà. Bisogna anche prendere in considerazione un elemento che sarà comune a quasi tutte le donne che opereranno nel campo dell'arte per secoli e cioè che spesso sono figlie o sorelle di artisti, di fama o mediocri non importa. Ciò per vari motivi, il primo è certamente genetico: doti ereditarie, oltre al contatto con persone che potevano far loro da maestri, opportunità non da poco, e che abbiano potuto perseguire la propria vocazione è probabilmente dovuto al fatto che un padre artista ha una mente ed una visione delle cose più aperta, e inoltre un padre è sempre orgoglioso se riconosce nei propri figli delle doti, ancor più se simili alle sue.

Nel I canto del Purgatorio Dante parla di Marzia, figlia del pretore Lucio Marzio Filippo Varrone e sposa di Catone Uticense, prima donna ad eseguire il proprio ritratto allo specchio.
E il della Valle ricorda anche una pittrice romana: Lala Cizicena o Iaia di Cizico, operante nel I sec. a.C., della quale sappiamo che eseguì un ritratto di Nottolemo e cita le parole del suo riferimento: Plinio: “Nessun pittore ebbe la mano così spedita nell'operare, e medesimo tanto artificio, cosicché le sue opere erano più apprezzate di quelle di Sopilone e di Dionigi celebri pittori.” Era molto famosa, richiesta ed anche molto costosa per i suoi ritratti femminili. Eseguì anche un autoritratto allo specchio.
Maresa Sottile












venerdì 27 maggio 2011

Che le donne non abbiano attitudini artistiche e che nei secoli non abbiano lasciato tracce è un falso storico con cui per secoli, ed ancora oggi, è stata nutrita la mente dei più. La realtà è ben altra e gli uomini hanno sempre cercato di farne scomparire le tracce.

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Donne nell'arte


Che le donne non abbiano attitudini artistiche e che nei secoli non abbiano lasciato tracce è un falso storico con cui per secoli, ed ancora oggi, è stata nutrita la mente dei più. La realtà è ben altra e gli uomini hanno sempre cercato di farne scomparire le tracce.
In realtà tra le donne, proprio come tra gli uomini, ci sono sempre state quelle con vocazioni artistiche per la letteratura, la musica, le arti figurative.
La donna, sesso debole (!) è stata sin dai primordi relegata in ruoli ed attività stabilite dai 'maschi', impedite anche dalla maternità, sopraffatte da un mondo al maschile che ha stabilito a proprio vantaggio ruoli, usi e costumi. Forse molti oggi non sanno che ancora nella prima metà del Novecento una donna avvocato faceva sorridere, una donna medico al più poteva essere pediatra, una donna 'per bene' che voleva o doveva lavorare poteva per lo più fare l'insegnante o l'impiegata. Non parliamo di potere.
Le cose sono certamente molto cambiate e le donne ormai fanno di tutto, anche con risultati ottimi a volte migliori di quelli maschili, anche se come ben sappiamo quelle al potere in qualsiasi campo sono in minoranza. Comunque le cose sono cambiate grazie a vari fattori. Non è questo il luogo per fare una disamina sociologica, culturale, anche politica della storia della donna nei secoli e nel mondo, né voglio fare la storia del femminismo e delle conquiste fatte dalle donne. Voglio solo testimoniare il lavoro ed il valore delle donne nei secoli nell'arte figurativa, sin dall'antichità. Sono ancora in pochi quelli a conoscenza della storia delle donne nell'arte, perché ancora adesso se ne parla poco e si parla soprattutto del periodo più recente. Il discorso è lungo, quindi non può essere svolto bene in un unico articolo. Sarà quindi un argomento svolto a puntate. Chi vorrà saperne di più dovrà ritornare su questo blog.
Maresa Sottile

Il gatto
La casa era un attico al centro, dal lungo balcone del salone si vedeva la cupola di San Pietro e tutto intorno altri tetti, altre cupole, insomma poteva dirsi un vero panorama, ma dal lato delle camere da letto dava su un cortiletto, che però non si vedeva da quell'altezza. Sotto le finestre correva un cornicione di tegole sbiadite con qualche ciuffo di erbe e fiori selvatici tra gli interstizi, e si vedevano altri tetti, antenne, eppure era gradevole quell’affacciata, silenziosa e soleggiata com’era.
Ci veniva spesso per il fine settimana, Orietta la invitava e le prestava la sua stanza, lei dormiva in quella della madre che era fuori. Adesso si sarebbe fermata un po' di giorni. L'amicizia con Orietta era recente, ma andavano abbastanza d'accordo, avevano interessi in comune, potevano parlare di mille cose e non solo dei soliti argomenti. Entrambe leggevano molto, amavano la musica classica, il cinema, il teatro...e naturalmente di uomini.
Era estremamente gradevole in quella casa il risveglio a suo comodo, con Maria la cameriera che le portava il carrello con tutto il servizio d’argento per la colazione, un bel modo per cominciare la giornata.
Orietta di solito era già fuori. Spesso la raggiungeva in boutique, altre volte uscivano insieme e l’accompagnava al centro da artigiani esclusivi per lavori per il negozio, più spesso per se stessa. Altre volte se ne andava in giro per fatti suoi e poi si rivedevano a pranzo.
La sera uscivano con gli amici di Orietta o se restavano a casa tiravano tardi chiacchierando e fumando raggomitolate nelle comode poltrone e sul divano del salone. Il gatto Matisse si acciambellava addosso ad Orietta e spesso ci rimaneva tutta la sera e parte della notte, finché loro non si decidevano ad andare a dormire.
Era un gatto spericolato, come tutti i gatti, e la sua passeggiata preferita era sulle tegole del cornicione e alle volte Miriam lo aveva visto anche sdraiato lì a godersi il sole, altre sparire dietro un parapetto che chiudeva la vista e chissà dove andava in quelle misteriose passeggiate. Come tutti i gatti era molto riservato e si faceva i fatti suoi senza dare molta confidenza.
Devo farti sentire un disco molto bello che è uscito da poco.” Orietta mise in moto il giradischi e tirò fuori il 78 giri dalla sua custodia di cartone.
Nella stanza si diffusero i suoni dolcissimi di un adagio.
E’ l’Adagio di Albinoni lo conosci?”
No. E’ bellissimo.”
Fu allora che comparve Matisse. Si sdraiò sul letto e fissò il giradischi.
Quando la musica finì rimase ancora qualche attimo, poi si alzò ed uscì dalla stanza.
E’ veramente bello. Posso rimetterlo?”
Certo.”
Le note si elevarono nell'aria lente quasi solenni, pur nella loro dolcezza, e Matisse riapparve e riprese la sua posizione sul letto fissando di nuovo il disco nero che girava.
Piace anche a Matisse, hai visto?”
Era davvero avvolgente quel brano e Miriam lo rimise spesso quando era in casa. E ogni volta compariva Matisse, si sdraiava sul letto perché il giradischi era lì a fianco, e fissava affascinato il disco che girava. Miriam lo aveva rimesso più volte di seguito e il gatto non si era mosso. Ma quando aveva cambiato disco, si era alzato stiracchiandosi ed era andato via.
La giornata era molto bella, se ne rese conto aprendo gli occhi, il sole inondava parte della stanza perché lei dormiva con la serranda abbassata solo a metà. La primavera romana era lì con tutto il suo splendore.
Maria.” la porta si aprì quasi subito perché la cucina era lì a fianco ed apparvero il carrello col servizio d’argento e la domestica.
La signorina?”
E’ uscita.”
Guardò l’orologio e vide che era davvero tardi per uscire.
Torna per pranzo?”
Si.” Maria uscì dalla stanza mentre lei beveva il caffè.
Si alzò per aprire la finestra e l’aria profumata della primavera tiepida invase la camera. Matisse era sdraiato al sole sulle tegole calde e dormiva.
Miriam prese una sigaretta dalla borsa, l’accese e si chinò a prendere il disco. Premette il pulsante del giradischi e sollevò il pick-up, poi con delicatezza poggiò la puntina sul disco nero e si sdraiò sul letto.
Matisse apparve sul davanzale, saltò giù e poi balzò sul mobiletto su cui stava il giradischi, sedette con molta dignità e classe, la coda riportata sul davanti, le orecchie ritte e gli occhi fissi sul disco.
Ha lasciato il sole per sentire la musica. E’ proprio questa che gli piace. Altroché: Matisse...gli animali hanno un'anima’ pensò. E amò molto quel gatto.

domenica 15 maggio 2011

La mimosa

  La mimosa l'avevano piantata sul fondo del giardino, accanto al casotto degli attrezzi prima dell'inferriata che delimentava la proprietà, e la ringhiera ricoperta di pitosforo ed edera.
 Il giardino era poggiato su una specie di alto gradone la cui alzata era un antico muraglione ad elle ricoperto completamente di rampicanti che sorreggeva un altro giardino.
 Sotto correva un'antica cupa che dalla collina scendeva verso la città, una di quelle tante vie d'acqua che nei secoli erano state scavate dalle piogge e che col tempo erano diventate strade.
 L'arbusto della mimosa era sottile e fragile, quasi evanescente coi suoi ramoscelli e le foglioline filiformi. Avrebbe avuto vita difficile dove l'avevano piantata per il vento che vi soffiava dall'alta collina fin verso il mare.
 Il resto del giardino era protetto e folto con alberi dalle chiome ricche di foglie dalle forme più svariate. C'erano fichi, pini marittimi, strane palme basse a più rami cascanti che chissà come si chiamavano, e olmi, poi siepi, rose, rampicanti. Era un giardino florido quasi lussureggiante e ben protetto da quel fiume in piena del vento del nord che s'incanalava nella cupa. L'unico punto che appariva debole era quello della mimosa.
 L'inverno che arrivò fu come al solito freddo e ventoso e guardando la mimosa veniva da chiedersi come avrebbe fatto a sopravvivere sferzata da quel vento gelido di tramontana e che incanalato in quel budello si rafforzava. Spesso il suo ululare durava giorni e giorni e gli infissi cigolavano.
 La mimosa superò il suo primo inverno e poi il secondo, il terzo... cresceva stenta ormai piegata verso sud e la sua chioma era così rada che faceva pensare alla calvizie. Anche i fiori erano pochi. Era un alberello anemico che però teneva duro, si piegava al vento ma non mollava.
 Aveva ormai una decina d'anni e lentamente ma tenacemente era cresciuta e si era rafforzata e fra febbraio e marzo si ricopriva di una nuvola gialla bellissima, la mimosa contro ogni previsione era stata più forte del vento e del freddo. Aveva vinto la sua battaglia ed ora, anche se inclinata a sud, sfoggiava una chioma ricca e bellissima, proprio come ogni altro albero del giardino. In più la sua era allegra, colorata, luminosa e soffice. Davvero magnifica.
 Il suo tronco si era ingrossato e allungato ed anche i rami, e il vento le creava  meno problemi. Non aveva più l'aria stenta dell'inizio e rifioriva ogni anno dando un vero spettacolo di sè, e illeggiadriva quel bellissimo giardino che in realtà aveva pochi colori perché aveva pochi fiori e vi regnava soprattutto il verde. Era bello ma un po' cupo. Simpatica ed eroica mimosa.
 Poi arrivò il giardiniere armato di sega elettrica e la tagliò proprio quando era diventata un vero albero. Le radici premevano sul muraglione e minacciavano la stabilità di tutto. Al suo posto fu piantata una comune bougainvillea che dava quelle imflorescenze viola-fucsia che sembrano di carta. Tutta un'altra storia.
                                                     Maresa

sabato 7 maggio 2011

A proposito di Malinconia




L'insostenibile leggerezza della malinconia

*Argomento impegnativo e difficile la malinconia. Oggi certamente poco attuale. In una società in cui valori culturali, etici, sono così lontani dall'interiorità, dal silenzio, la malinconia è proprio un qualcosa da rifuggire. Oggigiorno bisogna essere, apparire, divertirsi, essere accettati dagli altri, leggere quello di cui tutti parlano, essere omologati persino culturalmente, figurarsi abbandonarsi alla malinconia. E poi ci sono problemi enormi da discutere e affrontare. Così la malinconia è obsoleta ed ha un valore fallimentare. Ma il punto è che la malinconia esiste, è sempre esistita nell'essere umano.

*I greci avevano individuato quattro umori vitali: la bile nera cioè la malinconia (mélas= nero e cholé = bile), umor nero collegato alla terra, la bile gialla collegata al fuoco, il flegma collegato all'acqua e il sangue collegato all'aria. Questi 4 umori controllavano la vita ed il carattere dell'uomo a seconda della sua età. La melanconia dominava l'età matura. Quando questi umori aumentavano peggioravano la salute umana, così la melanconia da allora assunse un valore alquanto negativo, tanto da entrare in psichiatria ed ancora oggi farne parte. Ma già Aristotele indicava la malinconia come lo stato d'animo necessario alla creatività, e Platone diceva che la malinconia era lo stato d'animo di chi indaga nell'immaginario. Se ne deduce che chi è un artista non possa rifuggire questo sottile dolce malessere che la malinconia induce. Dal Medioevo questo concetto divenne più concreto ed assunse un valore poetico. E non c'è stato filosofo, poeta, artista che non abbia 'raccontato' la malinconia.
*La malinconia è un sentimento, o una sensazione o ancor meglio uno stato d'animo che va nell'oltre. La malinconia a differenza della tristezza, che si è nera, e la nostalgia che riguarda cose tangibili: mancanze, cose perdute, è uno stato d'animo che senza dubbio denota grande sensibilità, capacità introspettive, capacità di sintonizzarsi sui grandi perché, sulle problematiche esistenziali più profonde, sia personali sia universali. Penso che la malinconia sia un qualcosa che attiene ad una sfera alta del pensiero e della sensibilità umani e che non proprio tutti provino e conoscano. Ma forse ciò è opinabile: ogni essere non può non provare la malinconia, anche se il suo livello di elaborazione non è colto o creativo. Certo della malinconia hanno sempre parlato i grandi spiriti e le grandi menti. Nel passato gli artisti si facevano ritrarre con espressione malinconica perché questo gli dava un'aura di pensiero superiore; ci sono opere pittoriche e scultoree, dall'antichità ad oggi che sprizzano malinconia da tutti i pori. Per non parlare della letteratura e della musica. Io che sono un'appassionata di musica classica certe volte evito di ascoltare alcuni brani perché non sono in vena di malinconia, o come lo chiamano gli inglesi: spleen. E certo tutti, guardando gli occhi spesso di un solo colore, di solito azzurri, dei ritratti di Modigliani, o le Piazze d'Italia di De Chirico, o le stampe di Piranesi o i paesaggi di Turner, e si potrebbe continuare a lungo, hanno notato la malinconia che emanano, che ci tocca. Il grande pittore e incisore Durer, come sapete, è l'autore della famosissima incisione Melanconia I in cui sono rappresentati molti simboli alchemici ed esoterici. Alchimia ed esoterismo sono materia per spiriti colti, per menti alla ricerca delle più profonde, nascoste problematiche dello spirito umano. Magari non scientifiche come noi oggi intendiamo, anche se poi l'alchimia è l'antenata della scienza,e certamente per secoli mezzi di ricerca, ipotesi per le grandi domande dell'Uomo.
Nell'800 con il romanticismo la malinconia era assai di moda in ogni manifestazione artistica, forse perché in quel periodo storico era più consueto immergersi molto nel proprio pensiero più intimo e introspettivo e poche erano le possibilità per distrarsi da pensieri alle volte anche difficili, a volte sconfortanti.

*E' innegabile che da sempre agli artisti riconosciamo un temperamento malinconico perché sono quelli che più degli altri hanno la capacità di cogliere ciò che sfugge ai più. Il più grande poeta italiano, Giacomo Leopardi, viveva immerso nella malinconia. Si potrebbe continuare a lungo con gli esempi e le citazioni.

* La malinconia, o più poeticamente la melanconia, ha davvero un fascino enorme per le menti che non si fermano alla superficialità delle cose e sono turbate dalla mancanza di reali risposte sull'essenza della vita. La malinconia è la sensazione che si prova per la mancata realizzazione, nel fluire della vita, di aspirazioni irraggiungibili, di risposte che diano un senso al non-sense dell'esistere, del tempo; alle domande senza risposte, alle distanze e alle mancanze. E' struggente ma creatrice: grandi opere non sarebbero state realizzate da grandi uomini se questi non fossero stati 'afflitti' dall'umor nero della malinconia. La 'malinconia' quale matrice di grande pensiero, anche se fa soffrire, sottilmente, ma fa soffrire. La sofferenza è creatrice molto più della gioia e della felicità.
Maresa

lunedì 2 maggio 2011

L'arte moderna si può capire?

L'arte moderna si può capire?


Per gran parte delle persone l’arte figurativa moderna è misteriosa, incomprensibile. Per chi è a digiuno di preparazione storico artistica vedere un’opera greca o di Giotto, di Caravaggio o di Goya ha un senso. Riconosce ciò che vede. Magari non sa realmente cosa esprima, il perché di mille cose, ma la ‘vede’, crede di capirla, ne può ‘godere’. L’arte moderna non consente più ciò. Purtroppo nel nostro paese, conosciuto come il paese dell’arte e con il più grande patrimonio artistico del mondo, vi è poca cultura in questo campo. Materia maltrattata dalle istituzioni fino a poco tempo fa, continua ad esserlo nelle scuole di ogni livello per cui non vi è formazione culturale. Capire il linguaggio odierno dell’arte figurativa (che di figurativo ormai non ha più nulla) è cosa complessa per chi ha preparazione specifica, figurarsi per chi non ne ha. Non capire vuol dire perdere interesse, e in un’epoca in cui i valori culturali vanno sempre più rarefacendosi, i pochi interessati si allontanano con un rifiuto netto. Così il mondo dell’arte contemporanea è diventato un mondo poco fruito, sempre più elitario. Solo gli esperti (leggi storici dell’arte e critici), mercanti d’arte, collezionisti e piccole cerchie di persone interessate e preparate. E quando vi sono eventi che attirano grande pubblico, la partecipazione non è sempre accompagnata dalla comprensione. Questo implica che il gusto del grande pubblico non ha alcun valore sul piatto della bilancia del giudizio perché non ha la preparazione, praticamente non sa di che si tratta. Non sa perché gli artisti contemporanei si sono allontanati tanto dal figurativo, non sa cosa ha cambiato le cose, le complesse motivazioni, quali sono gli elementi per la lettura di un’opera e dell’arte in genere. Bisogna dire, però, che non tutto ciò che viene osannato e ammirato sia opera d’arte imperitura. Il tempo farà la sua cernita, come sempre è stato. Il punto è essere in grado di guardare, sapere cosa si guarda e il perché di ciò che si guarda. Solo così si potrà avere un’opinione, quale che sia. In poche righe spiegare tutto ciò è impossibile. Si può solo dire che tra ’800 e 2000 il mondo è molto cambiato. Tecnologia, psicanalisi, globalizzazione, guerre che hanno sconvolto il pianeta, droga, enormi disparità di vita sulla Terra, violenza, problemi ecologici…hanno trasformato la visione dell’artista: lui racconta il mondo, guarda anche più avanti. L’arte è ricerca, sperimentazione. Se Michelangelo nascesse oggi non farebbe ciò che ha fatto nel suo tempo, almeno non con le stesse modalità.
Maresa