Il nido
Nina aveva una bella cameretta con la finestra che affacciava sulla campagna essendo uno degli ultimi palazzi della città. Non era una gran campagna e c'erano pochi alberi, uno solo abbastanza alto ma arrivava al secondo piano e lei abitava con la famiglia al terzo. La finestra aveva la serranda montata al limite esterno del davanzale e un angolo rotto che lasciava uno spiraglio triangolare sulla destra e fu da quella fessura triangolare che due uccellini entrarono e lo scelsero per nidificare. La mamma di Nina capì subito che era l'inizio di un nido e non toccò l'agglomerato di sottili sterpi e ramoscelli. Per Nina che aveva cinque anni fu qualcosa di davvero eccitante. Gli uccellini fanno il nido tra i rami degli alberi, le rondini sotto i tetti. Non aveva mai visto un nido da vicino anche se andava in campagna dai nonni.
Il nido prese la forma di una palla. L'ingresso era stato lasciato dal lato che dava verso il muro, nascosto allo sguardo, ben protetto. Un giorno, mentre loro svolazzavano tra i rami, la mamma scostò il nido e videro l'interno tutto foderato di piumette bianche. Chissà da dove venivano quelle piume perché loro non erano bianchi.
Con gli uccellini nacque una vera amicizia. Con la mamma dopo pranzo mettevano bricioline sul davanzale e loro vi si soffermavano ormai senza alcun timore. Un mattino becchettarono contro il vetro come per chiamarla e da allora ogni mattino svegliavano Nina con quel ticchettio sul vetro. La madre le aveva detto che era una cosa eccezionale quella storia e Nina si sentiva speciale perché succedeva a lei. Per una bambina di cinque anni era una grande e bella avventura. Soprattutto dopo la brutta cosa che aveva visto tempo prima andando con la mamma all'ufficio del padre. La stanza affacciava in un cortiletto stretto, per fortuna era all'ultimo piano ed era luminosa. Dal piccolo balconcino c'era poco da vedere oltre un tetto di tegole e il cielo. Sotto al balcone correva un piccolo cornicione su cui era acquattato un gatto rossiccio e più in là c'era un canarino.
Nina aveva chiamato i genitori che si erano affacciati con lei. Anche se era piccola aveva capito le intenzioni del gatto.
“Lo vuole mangiare.” disse la mamma e battè le mani per farlo fuggire.
Anche il papà lo fece. Il canarino svolazzò nel perimetro del cortiletto ma non riuscì a trovare la via di fuga e si riposò sul cornicione. Allora i genitori di Nina e anche lei batterono ancora le mani ripetutamente. L'uccellino svolazzò di nuovo tra le pareti del cortiletto ma inutilmente così di nuovo si posò sul cornicione. Il gatto fece un balzo velocissimo e fu sulla preda. I genitori la tirarono via dal balcone.
Adesso invece poteva prendersi cura di quegli uccellini e renderli felici dando ospitalità e protezione sul suo davanzale. Non c'era riuscita col canarino ma ora...
Poi fecero un'altra ispezione nel nido e videro che c'erano tanti piccoli ovetti bianchi.
Accadde un pomeriggio, verso le quattro. Si era alzato un vento forte,di quelli rabbiosi. La mamma pensò subito che quel vento era pericoloso per il nido. Fece di corsa il lungo corridoio fino alla stanza di Nina, ma una folata l'aveva già fatto volare via. La mamma si affacciò, poi andò velocemente verso la porta di casa raccomandandole di non muoversi che lei andava a vedere. Nina rimase in attesa davanti alla porta di casa chiusa. Quando la mamma risalì non aveva il nido tra le mani come lei aveva sperato, e neanche le piccole uova che i suoi amici stavano covando. Non ci fu nulla da dire. Nina passò il resto del pomeriggio davanti alla sua finestra a guardare i due uccellini che volavano in circolo tra l'albero e il palazzo emettendo dei suoni che non erano i cinguettii che conosceva. Non dubitò neppure per un attimo che quelli fossero i 'suoi' uccellini che non tornarono mai più da lei.
Le restò un grande senso di colpa e ce l'ebbe anche con la mamma. Lei era grande e doveva pensarci che il vento avrebbe potuto far volare via il nido. Pensò molto a quei suoi amici, anzi non dimenticò mai quella piccola triste storia.
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